Il collettivo post-rock Fargo da Lipsia ci delizia con un nuovo lavoro in studio composto da quattro tracce lunghe e travolgenti, che seguono un meccanismo potente e strumentale su una scia emblematica che da ai brani dei titoli di città tedesche, creando un collegamento poetico e sognante. La band nasce nel 2012 con un cupo e intelligente percorso schematico che avvolge sonorità leggere di stampo rock, fino a toccare picchi più alti e violenti su un timbro post-metal/progressive. La costruzione del loro mondo perduto e sensuale li vede esordire con due convincenti EP, Heimkehr e Yaron, che lasciano una prima impronta buona e interessante. Invece in questo primo album completo e ben strutturato dal titolo Geli, prodotto per la label tedesca Kapitän Platte, il cammino carismatico del gruppo si immerge in luoghi bui e desolati, in una tematica prettamente sperimentale, cercando di non crollare sotto la fragilità e con coraggio abbraccia un forte significato per risorgere alla luce.
L’esplosione massiccia nelle note di “Dresden” incastra una distorsione pesante e gli accenni ringhiati di un testo confuso. Poi con violenza si scuote l’atmosfera sulle percussioni corpose e la ritmica sfrenata, che a tratti trova un momento di pace, prima di venire scagliata verso qualcosa di duro e incandescente: un’apertura enorme e rumorosa che non guasta l’ascolto e mette subito in chiaro le intenzioni della band. Segue il primo estratto di quest’opera, “Regensburg”, in una soffice melodia che avvolge l’arpeggio personale della chitarra e il ritmo preciso del basso. Il passaggio centrale a seguire esplora una malinconia stupenda, chiudendoci dentro un viaggio unico e maturo, per una sensazione impressionante e notevole. Notiamo con grande curiosità il tocco pragmatico e incredibile in ogni nota di questa canzone, che si ripresenta anche nella successiva terza traccia “Berlin”. Un brano che inizia con dei suoni atmosferici in sottofondo, aprendo un vortice soffuso da un risveglio strano e inquietante, l’esibizione del batterista poi sporca il tempo di una chitarra ripetitiva ma incantevole. Una composizione lunga che descrive a dovere lo stato d’animo lussuoso e indimenticabile, affacciandosi su un nuovo orizzonte di una mattinata uggiosa. Nella parte finale i colpi infernali delle distorsioni spazzano via quell’attimo di tranquillità, concludendo d’impatto un’emozione perduta. Infine l’introduzione molto breve di “Pforzheim” si prende l’ultima traccia di questo disco, che subito con una maggiore intensità sprigiona un’adrenalina preziosa e inossidabile, grazie anche alla cavalcata martellante del basso e con velocità invita le sinfonie magiche delle distorsioni, sotto un arcobaleno di suoni. Uno dei brani più belli e completi per una chiusura degna di nota.
Geli è un lavoro pazzesco, che scorre velocemente in maniera fiera e orgogliosa, illuminando una storia di suspense e attimi drammatici, alla ricerca di un posto sicuro ricco di speranza.
(Kapitän Platte, 2023)
1. Dresden
2. Regensburg
3. Berlin
4. Pforzheim