Bastano pochi istanti, giusto il tempo di sentire le note distorte e scoordinate di una chitarra servite su uno spinoso tappeto rumoristico, per capire che siamo di fronte ad un lavoro discografico di valore nettamente alto. Questa primordiale sensazione viene definitivamente confermata in “Sixty Million Blues” dove, a seguito di una breve introduzione a mezza voce, il duo torinese schiaccia l’acceleratore a tavoletta correndo a capofitto in una selva di rovi e distorsioni. Da qua in poi è un’escalation costante che non lascia prigionieri, una tempesta perfetta in cui chitarra e batteria danzano in un baccanale nevrastenico e disperato.
Unsavory Impuruties è l’atteso full length dei Turin Horse, coprodotto da Reptilian Records e Invisible Records. Enrico (ex Dead Elephant) e Alain (ex Morkobot) portano i confini del power duo in territori espressivi inesplorati e, fino ad ora, praticamente inconcepibili. La produzione è maniacale in ogni singolo dettaglio; il suono è una miscela esplosiva che colpisce come un muro dritto in faccia, il tutto impreziosito da numerose incursioni rumoristiche che fungono a volte da contorno, a volte da sfondo o ancora da protagoniste. “Birds Sing A Death Song” ne è l’esempio più esplicito, in poco meno di un minuto assistiamo all’incontro ideale tra i Pink Floyd di Ummagumma e i linguaggi più arditi di John Zorn, oppure l’eterea “Where The Seeds Can’t Take Root” ci porta in un’ambientazione in cui coesistono armonie distanti di archi e voci disperate, con crescenti incursioni di suoni concreti e rumori atti a spazzare via ogni sensazione di speranza. Il punto in assoluto più alto rimane indubbiamente “Hybris” in cui atmosfere psichedeliche incontrano il discorso aperto dagli Zu di Carboniferus in uno sposalizio equilibratissimo capace di portare l’ascoltatore altrove, in altri luoghi lontani fuori dal tempo.
Oltre alle straordinarie capacità tecniche di entrambi, ciò che rimane marchiato a fuoco nell’ascoltatore è soprattutto la potenza espressiva della musica proposta: il duo torinese riesce a rappresentare con chirurgica precisione la costante sensazione di disperazione esistenziale, di rabbia e di rassegnazione. Nulla è teatrale o artefatto, tutto è autentico e privo di artifici superficiali; la musica è la catarsi per espellere il mal di vivere che attanaglia ognuno di noi, come uno scomodo comune denominatore. In questo senso, il disco ha il pregio di non trasmettere solo i tratti più legati all’ira o al rancore, ma riesce davvero a scavare l’anima dell’ascoltatore, graffiando selvaggiamente le pareti più intime e profonde. Unsavory impuritues si candida senza troppe perplessità tra i migliori dischi del 2023, e perché no, tra i migliori degli ultimi 10\20 anni a questa parte.
(Reptilian Records & Invisible Records, 2023)
1. The Maximum Effort For The Minimum Result
2. Sixty Milion Blues
3. The Regret Song
4. Blissed Out
5. Necessary Pain
6. Birds Sing A Death Song
7. The Light That Failed
8. Where The Seeds Can’t Take Root
9. Hybris
10. Tear Off The Stitches