24/08/2017
Sembra ieri che il sottoscritto passava il tempo a vedere concerti, svuotare il portafoglio in cd/vinili e trangugiare kanelbulle come non ci fosse un domani, ma facendo due conti è passato circa un mese dalla mia seconda visita a Bergen in occasione del Beyond The Gates Festival, chiamato per l’occasione “Bjørgvin Black Mass 2017”, e a ripensarci sale un velo di malinconia interiore.
Dopo una breve visita ad Oslo pendiamo il treno che attraversa tutta la Norvegia per raggiungere il piccolo paesino situato sulle coste nordiche. Sette ore abbondanti di viaggio nelle fredde lande norvegesi, deliziate dal tempo meraviglioso e soleggiato, laghi, montagne, foreste, ottimo cibo ed una fauna locale da cecità immediata – che a dire il vero non è mai mancata durante il soggiorno. Raggiunta la meta in prima serata approfittiamo dell’atmosfera rilassata per cenare e fare due passi in attesa dell’inizio del festival fissato per l’indomani (oltre che procurarsi il braccialetto al leggendario Garage per l’accesso all’evento).
Rispetto alle scorse edizioni del fest vi è stato un importante cambio di location, spostandosi dallo storico pub Garage allo USF, ossia un attrezzato centro culturale con spettacolare vista sul Mare del Nord che toglie letteralmente il fiato, utile per rilassarsi tra un concerto e l’altro.
Il posto è fornito sia dal ristorante esterno che da un bar interno, con area merchandise e l’interessante mostra “The Beasts of the Apocalypse feat Zbyszek Bielak and Ester Segarra” oltre che alla presentazione del libro di David Thiérrée e Dayal Patterson Owls, Troll’s and Dead King’s Skulls. Insomma c’è davvero tanto da vedere ed ascoltare ma è finalmente tempo che inizi la prima band.
I Whoredom Rife assaltano la sala con dei suoni da subito ottimi proponendo un black metal tipicamente nordico (con tanto di face painting), quindi tanta violenza sacrilega e gelata con qualche intermezzo epico/melodico. Il sound, sebbene sia potente, risulta parecchio banale e sentito e nonostante qualche bordata più incisiva il risultato è discreto senza particolari sussulti. Segue poi una delle sorprese della prima giornata, ossia i Cult Of Fire da Praga. Mascherati con uno stile simil-orientale, e utilizzando candele e incenso, creano un’atmosfera mistica con un mix di post-rock e black metal in bilico tra durezza e moltissima melodia di notevole intensità. La band genera un mood sognante, prediligendo l’aspetto melodico piuttosto che quello violento, risultando comunque credibili ed efficaci. Semplicemente perfetti.
Si prosegue con i Dark Sonority e le atmosfere rallentano ulteriormente, con uno stile a cavallo tra il black e certo doom metal ma l’ibrido, con un soporifero cantato simil-liturgico, si rivela poco incisivo e fiacco, penalizzato poi da dei bassi troppo alti che hanno finito per soffocare le chitarre. Da rivedere con suoni migliori per un’idea più concreta. Arrivano poi gli Mgła da Cracovia, anche loro con uno show in parte rovinato dai bassi eccessivi e da una batteria troppo bassa. Il concerto però è decisamente buono ed interessante grazie al loro black metal particolare e a tratti sghembo, che combina in maniera originale il classico al post-black.
Agghindati con giubbotti di pelle e cappucci i loschi figuri riscaldano gli animi per l’arrivo di una delle band più attese, gli storici Master’s Hammer. Attivi sin dal lontano 1987, il gruppo dell’est Europa (con una nuova formazione, che mantiene solo il cantante/chitarrista della line-up originale) si presenta on stage accompagnato da due ragazze completamente nude con il viso coperto da una grossa maschera a forma di caprone, per valorizzare l’aura malvagia del proprio sound (anche se a dire il vero sono totalmente lontani dall’essere true, non prendendosi troppo sul serio). Sin dalla prima traccia si sente subito la differenza di “botta” rispetto alla maggioranza dei gruppi black; il sound è devastante, i suoni sono esplosivi e la musica è diretta e quadrata con la giusta dose di melodia e sperimentazione ma senza snaturare la ferocia che straborda da ogni anfratto. La vecchia scuola in questo caso vince ancora. Potrebbe anche concludersi qui il primo step del festival, ma il vostro affezionatissimo redattore si è fatto una passeggiata al Garage per assistere all’ultimo show, quello del nuovo progetto di Ivar Bjørnson degli Enslaved, i Bardspec. Il mix sonoro del barbuto chitarrista vede la combinazione di elettronica, ambient, post-rock con una chitarra dilatata e quasi psichedelica e la presenza di video allucinati e stordenti. L’effetto finale è ottimo e chiude così le danze. Dopo lo show ho l’occasione di scambiare due parole con il buon Ivar che si dimostra gentilissimo e pacato. E’ tempo poi di ritornare all’alloggio assaporando il freddo clima notturno in attesa della seconda giornata del festival che si preannuncia tosta e ricca di concerti.