1. Seven Rotten Globes
2. Seth Light
3. Transfiguration
4. Thanatos
5. Second Death Of Foreg
6. Burnt Down
7. M
8. Infinite Chain
Dopo l’esordio di tre anni fa tornano gli Obake, capitanati da Eraldo Bernocchi. Un parziale cambio di formazione, che vede l’uscita di Massimo Pupillo dei redivivi ZU e l’entrata di Colin Edwin (Porcupine Tree) al basso, rende ancora maggiore il sapore internazionale del progetto.
Meno sperimentale e più diretto del precedente lavoro, Mutations parte con cattiveria: “Seven Rotten Globes” ci delizia con suoni ribassati e le rullate di Balazs Pandi (Merzbow) che donano potenza e dinamica. L’encomiabile versatilità “pattoniana” di Lorenzo Esposito Fornasari si palesa fin da “Seth Light”, che coniuga sapientemente cattiveria doom e riusciti refrain. Una sensazione di sporco emerge in “Transfiguration”, la colonna sonora ideale per il prossimo film di Shinya Tsukamoto, un brano in cui anche i momenti di calma trasmettono ondate di malessere. Continuando nell’ascolto il lavoro prende una direzione differente e ad episodi brutali vengono contrapposti momenti più ambient (“Burnt Down”), che riportano alla mente le suggestioni cinematiche di Angelo Badalamenti ed altri più vicini alla prima opera degli stessi Obake come la finale “Infinite Chain”.
Il lavoro in sede di masterizzazione fatto da Mike Fossenkemper (John Zorn, Coalesce ecc..) è definito e limpido; toglie in parte potenza, ma rende il disco più cerebrale e raffinato. Ed è proprio questo tratto peculiare che permette all’album di presentarsi in maniera trasversale. Potrebbe piacere sia a chi ascolta grind sia a chi ama i Tool o le cose più sperimentali di Mike Patton. In un anno ricco di sorprese made in Italy, gli Obake non possono non essere annoverati tra i primi della classe.
8.0