Approda a Catania per la prima volta il festival Rise Of The Underground, organizzato da V.O.V. Eventi. La manifestazione apre alle band straniere e ospita gli Avulsed, storica band death metal spagnola, supportata da cinque tra le migliori compagini siciliane (Cadaver Mutilator, Thrash Bombz, Inner Hate, Velchans e BuiOmegA) e due band nazionali (Onirik da Milano e Dewfall da Bari), per un cartellone decisamente votato al thrash e al death metal. Un numero così alto di esibizioni ha costretto gli organizzatori a fissare l’apertura dei cancelli alle 19.30, ma contrariamente ad ogni pronostico le prime band sono riuscite a suonare davanti ad un’audience adeguata. Dall’esterno l’organizzazione è parsa competente ed efficace: gli orari previsti dal running order sono stati rispettati con precisione svizzera e i cambi palco sono avvenuti con discreta rapidità. A primo impatto la location scelta – Barbara DiscoLab – poteva far storcere il naso, non per inadeguatezza stilistica (non è un locale rock/metal ma si adatta facilmente) ma perché eravamo memori di un’acustica pessima che in altre occasioni ha causato non pochi fastidi. Fortunatamente, a parte un paio di problemi comunque comprensibili per una rassegna così lunga e densa, in questa occasione il service si è dimostrato all’altezza e ha garantito agli spettatori un concerto piacevole. A conti fatti, il pubblico è stato partecipe e discretamente numeroso per gli standard della zona, ma c’è da sottolineare che buona parte di esso è arrivata da altre province e non molti erano i catanesi presenti, forse a causa della presenza di una sola band indigena. Certo è che con un cartellone così nutrito ed un biglietto abbastanza modico, in zone che godono di un’underground più vivo sarebbe stato lecito aspettarsi almeno il doppio degli ingressi. La prima band sale sul palco alle 19.45.
RISE OF THE UNDERGROUND III
AVULSED + GUESTS
Catania, Barbara DiscoLab
16/05/2015
BUIOMEGA
Il compito, mai facile, di rompere il ghiaccio spetta ai padroni di casa BuiOmegA, giovane band che propone un’interessante miscela di black, doom e post metal. Il pubblico è ancora esiguo, ma dignitoso, considerando anche l’orario insolito. L’esibizione è breve ma concreta e nei quattro brani presentati (tra i quali spicca la conclusiva “River Of Pain”) i Nostri sfoderano un sound maligno in cui a riff di ispirazione black si sovrappongono dei growls oscuri che rimandano alle varianti più estreme del post metal. Un progetto da tenere d’occhio.
VELCHANS
La band ennese torna a Catania dopo quasi un anno e lo fa con un sound nettamente rinnovato, presentando dei brani che andranno a comporre uno split con altre due band siciliane. Al black metal classico del passato la band ha innestato diverse influenze sperimentali, per arrivare ad uno stile estremo ed ipnotico a un tempo, come in “Pontifex Volcani”, nella quale lo scream lascia spazio a parti vocali pulite, ieratiche e solenni. Anche in questo caso il tempo a disposizione è davvero poco e per chi li sente per la prima volta non è facile farsi un’idea concreta, ma la prestazione sul palco è solida ed evidenzia un combo determinato.
INNER HATE
Si assiste ad un radicale cambio di sonorità con gli Inner Hate, band thrash metal di formazione abbastanza recente, con all’attivo un EP (First Hate To The World), ma che gode di una certa stima all’interno dell’underground siciliano. I loro brani, in cui si alternano riff old school di slayeriana memoria, parti tecniche ed altre più oscure e cadenzate, non brillano per originalità ma sono ben composti e suonati senza alcuna sbavatura, nonostante qualche problema di volumi nei primi minuti. Al pari delle due band precedenti, la performance appare lievemente statica, in particolar modo considerando il genere suonato: si tratta dell’unica pecca su cui si potrebbe lavorare, poiché gli Inner Hate dimostrano di possedere già parecchia sostanza.
DEWFALL
Sono circa le 21.30 e la sala è degnamente affollata quando si apprestano a salire sul palco i pugliesi Dewfall, che già da qualche tempo girano la penisola per promuovere l’EP Painful Death Lake. È evidente sin dai primi secondi che la band si sia concentrata parecchio sull’aspetto scenico: grande coesione, un filo di face painting e movenze solenni (in particolar modo quelle del frontman Vittorio Bilanzuolo) sono solo alcuni aspetti di una performance coinvolgente che viene apprezzata dal pubblico. Il loro death/black metal dalle tinte epiche, con molti richiami al sound svedese, sforna ottimi episodi come “The Eternal Flame Of Athanor”, con soluzioni mai scontate ed ottimi giochi tra le due chitarre. Alcune imprecisioni ritmiche non scalfiscono un’esibizione intensa, che la band conclude a capo chino, con chitarre e basso rivolti verticalmente verso il suolo, quasi a simboleggiare delle lapidi in un momento post-bellico. Da rivedere, possibilmente con maggior tempo a disposizione.
THRASH BOMBZ
Ancora un repentino cambio di umore con i Thrash Bombz, band agrigentina che – come è facile intuire – è dedita ad un thrash metal veloce, sporco, old school e privo di compromessi. Il pubblico è gasatissimo, del resto i Nostri non danno tregua con quaranta minuti di performance non-stop che lascia pochissimi spazi per respirare, con una scaletta che pesca perlopiù dall’ultimo EP Dawn (“Eternal Punishment”) e dal precedente full Mission Of Blood (“A.H.B.”). Divertentissime le pose plastiche del cantante Tony “Stormer” Frenda, da poco rientrato in formazione, che conferiscono al tutto un’impronta volutamente tamarra e “terrona”. Nonostante il sound grezzo, la band non perde di vista la qualità esecutiva e macina il tempo a disposizione senza alcun tentennamento, come nel caso del solidissimo batterista Trronu che ad un certo punto perde una bacchetta e continua come se niente fosse. 100% attitudine, uh!
ONIRIK
Dopo l’entusiasmo riservato ai Thrash Bombz, il pubblico catanese accoglie con freddezza i milanesi Onirik, probabilmente a causa della stanchezza accumulata in tre ore di concerto, o del fatto che la band non gode di una fanbase in zona. Il loro brutal death metal apre al momento più estremo della serata, ma a differenza delle band che seguiranno incorpora un gran numero di tecnicismi e di rallentamenti massicci. I milanesi ce la mettono tutta, anche cercando il favore del pubblico sventolando la bandiera siciliana, ma la loro musica non è di facile presa e da sotto il palco non ci si lascia convincere facilmente, se non nei brani conclusivi. Quella degli Onirik appare in ogni caso una formazione onesta, solida, con le idee chiare e tecnicamente molto preparata.
CADAVER MUTILATOR
Intorno alle 23.30 è il turno dei co-headliner, una delle band siciliane attualmente più famose e rispettate sul territorio nazionale ed internazionale: i Cadaver Mutilator, brutal deathsters da Palermo. Nell’ora a disposizione suonano tutto l’album Murder Death Kill ed è come assistere ad una carneficina, i brani sono serrati, velocissimi e pesanti come da copione e l’esecuzione è chirurgica: impossibile non citare in questo senso la prestazione di Lorenzo Reina dietro le pelli, vera bomba ad orologeria che rappresenta il motore della band. Impressionante è anche la performance vocale di Paride Mercurio, in grado di passare da un growl gutturale – ma a tratti quasi comprensibile – a brevi pig squeal dalla forte intensità, come in “Swallowed By Morgellons”. Tra il pubblico – adesso numeroso – c’è chi conosce bene i brani, ma anche i meno avvezzi a queste sonorità si fanno coinvolgere da una band oltremodo violenta, che suona con una perizia e una convinzione superiori alla media, nonché con un’ottima tenuta di palco.
AVULSED
Gli attesissimi Avulsed portano la loro esperienza più che ventennale per la prima volta in Sicilia, regalando una performance decisamente all’altezza del loro nome. Con l’intro “Dawn Of Apocalypse” e la successiva “Dead Flesh Awakened” mettono subito le cose in chiaro: un conto è suonare bene, altra storia è suonare da professionisti, e neanche a dirlo gli spagnoli appartengono alla seconda categoria. Nonostante le diverse primavere sulle spalle si sbattono come dei forsennati sul palco, come il sempreverde Dave Rotten che non si risparmia in headbanging e stage diving, chiama un wall of death e allo stesso tempo non lesina battute e interazioni con il pubblico fra un brano e un altro. La scaletta pesca in parti uguali da tutti gli album della band, dal seminale Eminence In Putrescence (“Sweet Lobotomy”, “Powdered Flesh”) all’ultimo Ritual Zombi (“Horrified By Repulsion”, “Zompiro”, la già citata opener). Il sound ha subìto poche variazioni nel passare degli anni, dunque gli episodi si susseguono sulla stessa lunghezza d’onda del death metal dalle atmosfere “gore” con certe dosi di ironia tipica del genere, talvolta più brutale e tirato (“Stabwound Orgasm”), talvolta con qualche apertura melodica da parte delle chitarre (nei brani tratti da Ritual Zombi). A dir poco sorprendente la performance del batterista Erik Raya, poco più che adolescente – Rotten ci tiene a sottolineare che non era ancora nato quando venivano scritti alcuni pezzi presenti in scaletta – che sfodera una tecnica, una velocità ed una sicurezza spaventose per la sua età. Con “Exorcismo Vaginal” la band chiude cinque ore complessive di metal non-stop, tra gli applausi di un pubblico che già aspetta la quarta edizione del Rise Of The Underground.