Luogo comune vuole che personalità e freschezza non siano qualità proprie della recente musica underground. Se il panorama si restringe al post-rock e a certa musica strumentale l’alone di stagnazione si espande sino a diventare una forma epidemica. Ma i luoghi comuni sono spesso distaccati dalla realtà dei fatti, e a dimostrarlo in questa sede sono i Tiny Fingers. Il quartetto israeliano, un po’ per la provenienza geografica e un po’ per la non facile vendibilità del genere proposto, sembra essere passato inosservato dalle nostre parti, nonostante diversi anni di attività alle spalle e cinque album pubblicati. Di recente la sempre attenta Pelagic Records ha ristampato tre dischi della band, tra i quali l’ultimo in ordine cronologico è Megafauna, rilasciato originariamente nel 2012.
Leader – così ci dicono – della scena alternativa e psichedelica israeliana (di cui, per inciso, ci sentiamo di consigliare anche gli ottimi Tatran), i Tiny Fingers attingono a piene mani da un opulento calderone contenente post-rock, math, dubstep, psichedelia, forti richiami alle soundtrack cinematografiche. Potrebbe sembrare un rischioso terreno di sperimentazioni ardite, ma ben diverso è lo scenario a cui conduce la straordinaria opener “Demands”. Compendio di ciò che troveremo in tutto l’album, il brano affronta i generi citati, li assimila e li ri-plasma in qualcosa di nuovo. Il suono degli israeliani, infatti, non è laccato, non è etereo, non è ossessivo. Al contrario, alla base di ogni struttura si trova la chitarra di Oren Ben David, a volte tagliente e dall’impronta metal, spesso acida ed hendrixiana, a cui si vanno a sovrapporre delle folate di synth – rigorosamente live, senza alcuna sovraincisione – che costituiscono l’elemento atmosferico. “Money-Time” è, in questo senso, un ottimo esempio di come accoppiare riffing distorto ed elettronica pur restando lontani dal mondo industrial finora esplorato. In alcuni episodi i toni si smorzano e sono i riverberi a farla da padrone, come in una “Pasadena Matador” che non sfigurerebbe all’interno della colonna sonora di qualche videogame sci-fi. Ammirevole è la destrezza con cui i Nostri riescono ad equilibrare le dinamiche, gli ambienti e i momenti, riuscendo a inserire tantissimo materiale in poco spazio, senza mai risultare ridondanti o pretenziosi.
Megafauna si conclude ciclicamente, con un outro che riprende l’intro, titoli di coda e di testa di questo film sonoro. Uno di quei film in cui i titoli di coda arrivano all’improvviso, e si resta immobili sulla poltroncina a fissare lo schermo, cercando di ristabilire le connessioni con il mondo reale. Ed è proprio cinematografica la bravura dei Tiny Fingers: il progetto ha una regia, una fotografia, una location, una trama ben delineate. Non è un caso che alla componente audio sia stato affiancato un video (visibile qui) che ritrae la band durante la sessione di registrazione dell’album. È evidente che i quattro bizzarri israeliani abbiano carattere da vendere, oltre che una grande fantasia. Farsi scappare Megafauna sarebbe un reato non solo per i fruitori di certa musica, ma anche per chi ama sfatare certi luoghi comuni.
(Pelagic Records, 2016)
1. Intro
2. Demands
3. The Reduction Wheel
4. Preloader
5. Pasadena Matador
6. Money-Time
7. Cyclamens
8. El Dorados
9. Outro