Quando si discute di metal norvegese spesso alcuni nomi finiscono in secondo piano, anche se la qualità della loro musica è da sempre ad alti livelli. Un esempio concreto è il caso dei Borknagar (per chi ancora non lo sapesse il nome, un’invenzione di Garm degli Ulver, qui presente come ospite, è il semplice anagramma di Ragnarok con l’aggiunta della B all’inizio), che ritornano a deliziarci con un nuovo album, il decimo per la precisione, a nome Winter Thrice.
Forte di una certa stabilità di line up, la band continua nel suo visionario percorso e, come da anni ci ha abituato, lascia che le proprie stelle guida siano anche in questo disco il prog metal, il black metal ed il viking metal. Quest’ultimo in particolar modo sta via via svanendo con il tempo, ma lascia la sua eredità nell’epicità che traspare dalle canzoni, peraltro estremamente variegate nelle sensazioni che offrono. Certi episodi spiccano per raffinatezza (“The Rhymes Of The Mountain”, “Erodent”), oppure per gli intrecci vocali ad alto tasso emozionale (“Winter Thrice”), o ancora per i chiaroscuri impetuosi, nei quali melodia e durezza si tengono per mano come teneri innamorati (“When Chaos Call”). Ma bisogna rendersi conto che, quando si parla di arte, l’idea migliore è quella di farsi travolgere da essa e lasciarsi ammaliare dalla bellezza assaporabile con tutti i nostri sensi.
Ci troviamo, è inutile girarci tanto attorno, al cospetto di un altro centro: Winter Thrice, oltre che generalmente bello, è un disco versatile, capace di accontentare un vasto pubblico di diversi gusti musicali. L’unica nota critica che si potrebbe a questa band mostruosa è la constatazione che nessuno degli ultimi album riesca a far gridare fino in fondo al capolavoro. Ma a pensarci bene, abbiamo davvero bisogno di capolavori, per godere di qualcosa di bello?
(Century Media Records, 2016)
1. The Rhymes Of The Mountain
2. Winter Thrice
3. Cold Runs The River
4. Panorama
5. When Chaos Calls
6. Erodent
7. Noctilucent
8. Terminus