Il 5 maggio è uscito, via Wooaaargh Records, Drown Within ed Unquiet, l’attesissimo, ultimo lavoro dei Viscera///, 3 | Release Yourself Through Desperate Rituals (qui potete leggere la nostra recensione). Abbiamo approfittato della loro disponibilità per entrare nel loro universo. Ne è venuta fuori una bellissima e imperdibile chiacchierata.
Ciao Ragazzi e benvenuti su Grind on the Road. 3: Release Yourself through Desperate Rituals è uscito da pochissimo. Vi va di presentarcelo voi stessi?
Un saluto alla redazione e chi ci legge. 3 è il nostro terzo album, uscito a sette anni dal secondo. Abbiamo impiegato quasi cinque anni per realizzarlo, tra composizione e fasi successive. Abbiamo pure fatto in tempo a cambiare batterista sei mesi prima dell’uscita. È stato un lavoro lungo, pesante ma molto sentito e genuino. Credo di parlare a nome di tutti scrivendo che lo reputiamo il nostro album meglio riuscito.
L’album è l’ultimo capitolo di quella che avete chiamato “Trilogy of Perception”. Di che si tratta?
La trilogia della percezione è un unico concept iniziato ormai dieci anni fa con Cyclops e, naturalmente spalmato sui tre album fino ad ora usciti. Si tratta di una riflessione amara su se stessi in quanto individuo e individuo costretto a coesistere con altri individui. I tre capitoli rappresentano specifici stadi del “nostro” percorso introspettivo, rispettivamente presa di coscienza, riflessione, reazione.
Jim Jones in copertina si abbina splendidamente al titolo dell’album. Al che vien da chiedere in che modo le due cose sono collegate e qual è il messaggio che vogliono far passare i Viscera///.
L’egida della band è sia artisticamente che mondanamente autodistruttiva e nessuno come il Reverendo Jones ha incarnato storicamente il concetto; suicidio rivoluzionario, orgoglio nella sconfitta.
Quando si parla della vostra musica non si sa mai dove andare a parare e si chiamano in causa black, sludge, doom, post rock, psych, grind, post metal. Io, ad esempio in “Martydom for the Finest People”, ci ho sentito pure tanto crust. È lecito sospettare che abbiate vastissime influenze e che siate degli ascoltatori compulsivi, ma anche dei musicisti con un’idea di fondo molto chiara, seppur in continua lavorazione. In tal senso, in che modo potrà continuare ad evolversi il vostro sound?
Ultimamente ci stiamo concentrando su possibilità più strettamente psichedeliche e antimusicali. Non escludiamo di riuscire ad inserire nei prossimi lavori elementi maggiormente astratti ed acusticamente ostici. Tuttavia, conoscendoci, potremmo cambiare idea anche tra mezz’ora. Il fascino della sperimentazione porta spesso a contraddirsi e a ritornare sui propri passi per ricominciare da capo, sempre se di sperimentazione si possa parlare.
Ve lo devo dire, a me il video di “Uber-Massive Melancholia” non è piaciuto. L’idea della regia magari sì, ma quel cromatismo chiaro, che, diciamolo, non si abbina proprio bene con i toni della canzone, mi ha spiazzato. D’altro canto se l’effetto voleva essere quello di spiazzare allora, voi e Woda I Pustka, ci siete riusciti benissimo. Ad ogni modo, com’è nata l’idea del video?
Apprezzo davvero la sincerità del tuo parere. Davvero cosa rara. Dicevamo, come nel caso del disco stesso anche il video ha avuto una gestazione piuttosto lunga, cioè circa un anno. La proposta è arrivata da Kuba, carissimo amico, chitarrista della straordinaria band polacca Fleshworld e videomaker professionista con la sua Woda I Pustka. Abbiamo girato insieme a lui un sacco di materiale, tra Italia e Polonia, per poi scegliere di utilizzare unicamente le close–up di cui è composto il video nella sua forma definitiva, per poi lavorare di fino in fase di montaggio. Con questa cernita volevamo concentrarci sul comunicare un forte senso di claustrofobia, ansia e, se vogliamo, una sorta di sessualità repressa, quasi fastidiosa. Credo che la cosa sia stata colta.
Anche in quest’album ci sono tante collaborazioni (le voci clean sono azzeccatissime). Come nascono di volta in volta i featuring e come rimpiazzate poi questi vuoti sul palco?
Le collaborazioni nascono sempre per caso, durante una chiacchierata faccia a faccia o per via telematica. Tutti coloro che appaiono nei nostri album sono prima di tutto amici e persone stimate che abbiamo il piacere e l’onore di ospitare nei nostri lavori. Detto in parole povere, crediamo che chiunque tenti di dare più visibilità al proprio disco tramite una guest di spicco sia fondamentalmente molto poco sicuro della qualità di quello che produce. Nel nostro caso si tratta semplicemente di abbellimenti che vanno ad impreziosire qualcosa che per noi ha già valore, ma che comunque possono essere eseguiti senza problemi in sede live dalla band senza l’ospite di turno.
A proposito di live, ma quanto caspita suonate? Vi andrebbe di fare un bilancio del tour europeo coi Carnero e dirci che aspettative avete per quello con i 30.000 Monkeys?
Andare in giro con i Carnero è stato molto divertente e stimolante, al di là dell’amicizia che ci unisce da tempo molto più remoto. Il tour in sé ha funzionato, non ogni sera ma tendenzialmente ha funzionato. Sicuramente ripartiremmo domani, tentando magari di aggiustare il tiro su alcune scelte geografiche.
Con i 30.000 Monkeys non saprei che dire… Se non che da una band con un nome così ci si può aspettare di tutto.
Voi avete pubblicato diversi split (con gli Abaton, Fleshword e Gazers, Self Human Combustion), c’è da aspettarsi qualcosa del genere a breve?
Non può passare un anno senza che non esca uno split che ci vede co-protagonisti. Il prossimo autunno avremo l’immensa fortuna di far uscire uno split 7” con una delle nostre band preferite, gli spagnoli Orthodox. Abbiamo confermato Toten Schwan Records per la produzione perché, seriamente, chi conosce l’etichetta sa che di persone entusiaste e professionali come il patron Marco Valenti ce ne sono davvero poche, almeno in Italia.
Cosa fanno i Viscera/// nella vita?
Fotografo / Statale / Animatore .
Io ho una grande curiosità, da Viscera che eravate, a un certo punto, per problemi legali, siete diventati Viscera/// (il che tra l’altro è perfetto per il vostro logo). Ecco, che genere di problemi legali erano?
Erano gli anni bui del pre-internet, o almeno del web come lo conosciamo oggi. Di Viscera al mondo ce ne sono parecchi, e un giorno ci contattò una band omonima francese che minacciò azioni legali allegando documenti sul deposito del moniker. Avevamo 20 anni e nessuna voglia di rischiare complicazioni di ogni sorta; vero o falso che fosse, pare che questi French Viscera si siano sciolti poco dopo la querelle, ma rimangono comunque nel nostro cuore per essere stati la causa delle ormai leggendarie “three stripes” che google non indicizza e windows non permette di usare per salvare un qualsiasi file.
Noi abbiamo finito, grazie per la disponibilità. Potete chiudere come preferite.
Ci servono i vostri soldi, e in fretta.
https://viscera3stripes.bandcamp.com/album/3-release-yourself-through-desperate-rituals