Gli olandesi Suffering Quota, monicker desunto con ogni probabilità da un brano degli Assück, dopo qualche cambio di line up che li aveva tenuti fermi fino allo split dell’anno scorso con i My Minds Mine, tornano con un secondo full length uscito in vinile per Mono Canibal, Dawnbreed Records, 7 Degrees Records e Loner Cult e in cassetta per Tartarus Records. Life in Disgust, il titolo dell’album: giusto per rimarcare ulteriormente il loro punto di vista sulle cose.
Dodici brani, di cui l’ultimo un outro, per venti minuti di cazzutissimo grindcore rancoroso e qualche timido sconfinamento nel crust per un album a cui non manca nulla per essere tra i migliori momenti grind della stagione. Mitragliate senza respiro, trame malevole, rallentamenti biascicati, rantolii e scossoni, una voce roca e portata all’esasperazione, basso sempre all’erta per prendersi la scena, tirate impressionanti ed asfittiche. Quando escono dal seminato e c’è da riprendere le fila lo fanno benissimo e nei momenti più lunghi e distesi danno l’impressione di ragionare di più e dare spazio ad interessanti contorsioni che rendono l’album più speziato e aperto a stimoli interessanti, anche in una prospettiva di composizione futura. Perché, nonostante i Suffering Quota, dopo i cambi di line up, abbiano trovato una quadratura di tutto rispetto, è anche vero che mostrano pure di avere ancora tanto margine di crescita.
Life in Disgust è una mina impazzita, una slavina spietata, su cui ogni buon amante di grindcore dovrebbe buttarsi a capofitto, certo di non rimanere deluso.
(Mono Canibal, Dawnbreed Records, 7 Degrees Records e Loner Cult, Tartarus Records, 2018)
1.Agnosia
2.God Complex
3.Apathy
4.Fear (Of History Repeating)
5.Anger
6.Hate
7.Disgust
8.Cognitive Dissonance
9.Inferiority Complex
10.Thought – Terminating Cliche I
11.Thought – Terminating Cliche II
12.101