Quieti, caotici e temerari, i MONO ribadiscono la loro presenza in un genere musicale in cui non solamente è difficile far emergere la propria creatività ed innovatività, ma anche in cui vi è il rischio di appiattire o riproporre temi tanto comuni quanto difficilmente rinnovabili. Nowwhere Now Here riprende un tema tanto caro al post-rock: la contrapposizione tra luce ed oscurità, tra quiete e caos. I MONO, tuttavia, con la potenza espressiva propria di chi è costantemente alla ricerca di nuove possibilità, di chi interroga se stesso senza mai poggiarsi su alcuna sicurezza, offrono un capolavoro che universalizza i significati intrinsechi alla dicotomia tematica e che la superano in un percorso musicale che sì è composto da luci ed ombre, ma che è in grado di creare un senso di continuità e di donare una profondità emozionale eccezionali.
Sonorità dilatate e suoni roboanti, una chitarra distorta emerge dal flusso travolgente di “After You Comes The Flood”, accompagnata da una batteria che sublima la materia sonora prima di abbattersi con forza in scrosci simili a pioggia, all’interno della quale si intuiscono la fermezza e determinazione dei MONO. Poi “Breathe”, respira, per la prima volta la voce della bassista Tamaki Kunishi si eleva nella sua angelicità, all’interno di una composizione musicale classica. L’orchestra, composta da oltre venti strumenti, è un elemento strutturante di “Nowhere, Now Here”, la quale si protrae in una climax ascendente composta da archi e strumenti a fiato, mentre la chitarra accompagna l’ascolto come un mantra, facilitando l’immersione in un universo sonoro che si apre come il cielo in seguito ad un temporale. Questo album non è privo di incursioni elettroniche, adoperate come integrazioni per il raggiungimento dell’acme e nella discesa da esso, mentre in “Sorrow” assume un ruolo predominante. Così i MONO procedono lungo un cammino etereo e luminoso, come un cielo terso, ma non mancano squarci e graffi, come tuoni in lontananza, che inclinano l’equilibrio lunga una fune invisibile. Il pianoforte di “Parting” e gli archi che ne sostengono la potenza espressiva, crea un’atmosfera di commovente attesa, mentre “Meet Us Where The Night Ends”, la quale si apre con un coro singhiozzante, diventa una tempesta di suoni, un’oscurità incarnata in una musicalità che piano piano tralascia il bello per tramutarsi nel sublime. La fine, “Funeral Song”, con strumenti a fiato, decreta una pausa di respiro, poi adagio “Vanishing, Vanishing Maybe”. La speranza non svanisce, poiché dietro alle nuvole grigie vi è sempre un cielo azzurro pronto ad illuminare l’oscurità.
Nowhere Now Here è un’opera evocativa e potente, capace di donare emozioni uniche, catapultando l’ascoltatore in una dimensione introspettiva ed ossequiosa dell’immensità, come nel quadro “Monk by the Sea” di C. D. Friedrich (1809): una religiosa contemplazione della natura in tutta la sua potenza e vastità. Il sublime è la chiave interpretativa e la cifra stilistica dei MONO, i quali hanno superato se stessi ancora una volta, apportando due elementi innovativi alla loro opera: la voce di Tamaki e le incursioni elettroniche. Importante ricordare, inoltre, l’ingresso alla batteria di Dahm Majuri Cipolla, poli-strumentista americano che ha collaborato con numerosi artisti e band, anche del calibro degli Slint e Tortoise. Il disco uscirà il 25 gennaio via Pelagic Records e Temporary Residence Ltd.
(Temporary Residence Ltd., Pelagic Records, 2019)
1. God Bless
2. After You Comes The Flood
3. Breathe
4. Nowhere, Now Here
5. Far And Further
6. Sorrow
7. Parting
8. Meet Us Where The Night Ends
9. Funeral Song
10. Vanishing, Vanishing Maybe