Da tempo nelle fantasie della redazione di GOTR si è fatta avanti l’idea una serie di interviste che prescindessero da quelle rivolte alle band in fase di promozione, proponendo una rubrica di approfondimento su alcune personalità specifiche che riguardano la musica brutta che piace a noi: musicisti, session men, manager, promoter. Abbiamo scelto di inaugurare questa serie contattando Raphael Saini, che oltre a sedere in pianta stabile dietro le pelli dei Cripple Bastards è uno stimato turnista internazionale (Billy Bio, Iced Earth, Master alcune referenze) e un seguitissimo insegnante, fondatore della sezione sarda della scuola di musica Bateras Beat. È, insomma, una figura quasi d’altri tempi: un self-made man che con dedizione e pervicacia si è imposto professionalmente in un ambiente parecchio ostico, raggiungendo grandi risultati. Proprio su questi aspetti della sua carriera verte questa chiacchierata, approfondendo anche il discorso relativo alle audizioni come turnista, al metodo di studio e alla preparazione per tour e album, oltre che alla visione d’insieme del drumming.
Ciao Raphael, benvenuto su Grind On The Road. In genere si rompe il ghiaccio chiedendo come sia iniziato tutto, ma vorrei essere più specifico: quando e come hai capito che la musica sarebbe stata la tua professione?
Ciao! Suono la batteria da 14 anni ed ho sempre e solo suonato per passione. La mia passione per la batteria è sempre stata alla base di tutto. Ho capito che la musica sarebbe stata la mia professione in un momento molto particolare della mia vita: non decisi che avrei vissuto da “batterista” ma decisi che avrei vissuto cercando di fare quello che amavo fare. Anni fa quando morì in sfortunate circostanze un mio carissimo amico mi feci una domanda: se io dovessi morire domani, sarei felice di come sto vivendo? La risposta era ovviamente no… Decisi così di dedicare tutte le mie forze nel cercare di vivere al meglio e sopratutto senza rimpianti. L’unica cosa che amavo era suonare la batteria ed insegnare, del resto non mi importava nulla, quindi aveva senso seguire quella strada, strada che seguo ancora oggi.
Hai sempre prediletto la musica estrema, underground, insomma: di un certo tipo e con certi valori. Quanto è difficile inserirsi lavorativamente in questo ambiente? Hai mai avuto difficoltà a far valere la tua figura di professionista?
Sono cresciuto ascoltando il “peggio del peggio” con amici tape traders grazie ai quali ho conosciuto un mondo che oggi forse non esiste più, ma che mi ha insegnato a fare quello che ti piace anche se non si è in tanti ad amare una cosa. Bisogna comprendere che lavorare nella musica vuol dire spesso saper fare tante cose: batterista di una band, session per i live, session per i dischi, drumtech, tour manager, insegnante, pubblicare libri didattici, eccetera. Più cose sai fare più chance hai di sopravvivere! Inserirsi non è semplicissimo ma è possibile, ci sono diversi libri e addirittura siti su questo argomento (biggerbettergigs.com). All’inizio della mia carriera non ero considerato un professionista, anzi non ero nemmeno considerato un musicista (ride, ndr). Fortunatamente i miei anni di presenza costante in questo settore ed il fatto che il mercato sia cresciuto e si sia allargato (grazie anche alla presenza di band sempre più valide e professionali sul territorio nazionale) hanno stravolto l’idea che molta gente ha di questo lavoro.
Per molti musicisti l’insegnamento è un ripiego, un modo per sbarcare il lunario. Credo che per te rappresenti tutt’altro, data l’esperienza di Bateras Beat Sardegna e i tuoi numerosi impegni da didatta. È una vocazione che hai sempre covato o ti ci ha condotto qualcuno? Credi che abbia migliorato il tuo modo di considerare lo strumento?
Io amo insegnare, mi diverte e lo trovo stimolante per continuare a crescere come batterista. Mi è sempre piaciuto insegnare soprattutto agli amatori che magari iniziano a suonare dopo tanti anni di “sogno”. Ho avuto tanti insegnanti: da alcuni di loro ho imparato cosa fare e come agire, da altri ho imparato cosa non fare e come non comportarmi. Insegnare aiuta a capire meglio quello che faccio e mi obbliga a tenermi costantemente aggiornato, quindi assolutamente sì, ha migliorato il mio modo di considerare lo strumento.
In tema di didattica: hai di recente annunciato la pubblicazione di un nuovo libro che, però, non sarà un manuale tecnico in senso stretto ma un metodo di analisi delle fasi di studio. Ti va di approfondire l’argomento? Come hai avuto quest’idea?
Ho cominciato a suonare la batteria a 14 anni, ho cominciato a prendere lezioni di batteria a 16 anni ma penso di aver cominciato a studiare in maniera “ordinata e sensata” almeno 14 anni dopo: fino a quel momento le mie sessioni di studio erano random, senza obbiettivi e poco efficaci. Le prime informazioni su quella che è chiamata “Deliberate Practice” le ho avute durante Drumcamp con Thomas Lang in Germania del 2015. È iniziata così la mia ricerca (ossessiva) per comprendere come avrei potuto rendere da subito le mie ore di studio più produttive. Ho capito di aver perso tanti anni di studio e la mia idea era quella di cercare di raddrizzare subito il tiro. La maggior parte delle persone, come me anni fa, perde tempo o comunque non lo utilizza al meglio. Molte persone non sanno neppure cosa voglia dire esercitarsi, vanno in sala a perdere tempo prezioso.
Il Practice Log non è un metodo di batteria in senso stretto ma un “diario/metodo” per migliorare le sessioni di studio e la produttività, indipendentemente dal livello e dallo stile suonato. Da quando ho cominciato ad “esercitarmi” veramente la mia idea di studio sullo strumento è cambiata in maniera incredibile così come i risultati che ottengo sullo strumento. Il practice log è il risultato di tanti esperimenti, ricerche ossessive… ed è qualcosa di cui vado veramente fiero. Penso sia qualcosa che possa cambiare (in meglio) la vita di tanti batteristi/musicisti in generale che non si esercitando in maniera produttiva. L’uscita sta tardando perché continuo a modificare parti, spero uscirà entro il 2019.
Sei da poco rientrato dal tuo secondo tour europeo con Billy dei Biohazard. Cosa ti porti a casa da queste esperienze?
Mi porto tanti bei ricordi e soprattutto l’esperienza di essere un punto di riferimento per un mio mito con cui posso suonare alcune delle mie canzoni preferite! È qualcosa di enorme che sono certo un giorno riuscirò a comprendere, al momento sono troppo dentro la cosa per rendermene conto. Sono molto felice di poter fare queste esperienze, è quello che ho sempre sognato di fare.
Sveliamo, se ti va, alcuni retroscena tecnici: quanto tempo impieghi per prepararti prima di un tour? E prima di un album? Come si svolgono le prove?
Dipende dal tour, posso dirti che per quello di Billy mi sono preparato per tre settimane suonando i brani tutti i giorni, l’ultima settimana suonavo la scaletta quattro volte al giorno. Prima di un album… anche qui dipende, può variare da un anno di lavoro (come è stato per i Cripple) a qualche giorno (se sono session e le parti sono già scritte). Le prove pre-tour dipendono molto dalle circostanze, se è il primo tour (come è stato con Billy) si prova fino a morire, anche dodici ore al giorno.
Che consigli daresti a chi vuole presentarsi per un’audizione? Come scovarla, come prepararsi, come porsi sotto il profilo umano?
Scovare audizioni… è questione di “essere nel giro” conoscere persone e ricevere le “soffiate” quando qualcuno cerca musicista. È possibile iniziare ad essere nel giro frequentando concerti, prendendo lezioni da musicisti, organizzando eventi. Sotto il profilo umano ci sono cose che sono fondamentali: nessuno vuole avere in tour una persona poco piacevole anche se tecnicamente eccelsa. Suonare è un lavoro di gruppo e devi sapere stare al mondo. Riguardo il prepararsi potremmo spendere ore a parlarne, mi limiterò a dirvi questo: se potete imparate sia le versioni studio che quelle live, siate pronti a tutto e cercate di essere i più veloci di tutti nel consegnare i video (se si tratta di video-audizioni), siate veloci ed efficaci e cercate di capire cosa stanno cercando.
E invece, una volta selezionato, qual è secondo te il segreto per non deludere le aspettative e magari essere confermato per l’impegno successivo?
Bella domanda, partiamo dal presupposto che ho sperimentato anche cosa vuol dire NON essere confermato per un lavoro successivo dopo aver fatto delle audizioni ottime quindi so bene di cosa stiamo parlando… L’errore comune (che feci anche io) è quello di considerare il post audizione come un momento di “arrivo”, invece è dopo l’audizione che inizia il lavoro duro e devi dare il massimo in qualunque situazione e a qualunque costo.
In questo contesto, ma anche considerando la tua permanenza fissa dietro le pelli dei Cripple Bastards, la tua residenza in Sardegna ha mai rappresentato un ostacolo?
Vivendo a Milano o altrove avrei avuto più occasioni di conoscere musicisti e stringere contatti e questo credo sia innegabile. Tuttavia quando ero ragazzino molti musicisti andavano a vivere altrove proprio per motivi musicali, io sono rimasto anche per dimostrare che era possibile fare qualcosa anche da Cagliari. Le band con cui suono hanno il budget per spostarmi per prove e concerti, quindi non è un problema enorme.
Oltre al metal quali generi musicali ascolti, e quali ritieni che influenzino il tuo drumming?
Ascolto veramente di tutto e ogni volta che sento qualcosa che mi piace cerco di rubarla e riportarla al mio drumming. In macchina ho cd dei Nasum come Limp Bizkit, compilation rap, Napalm Death o Machine Gun Kelly… Di tutto e di più. L’unica musica che non ascolto è il jazz, ma non escludo che un domani possa piacermi.
Solidità e coerenza artistica. Capita, a chi fa questo lavoro, di trovarsi a suonare qualcosa di artisticamente non valido, in contesti che non piacciono, magari solo perché si tratta di un lavoro ben pagato. Ma alla lunga è la coerenza a ripagare veramente? Come valuti simili esperienze, se ne hai mai avute?
Della domanda, credo che uno debba farsi bene i suoi calcoli e capire che questo lavoro è pieno di imprevisti. Tutti abbiamo fatto show fighi e show pessimi, penso sia normale. Credo però la differenza la faccia la capacità di “guardare oltre” e non fermarsi in situazioni che oltre al denaro non offrono nulla. Molte volte devi lasciare una situazione “comoda” per osare e per crescere, è un rischio ma vale sempre la pena osare se in ballo c’è il tuo futuro e la tua crescita. La coerenza alla lunga paga… O almeno questo è quello che voglio sperare (ride, ndr).
Aggiorni quotidianamente la tua pagina Facebook, spesso con pensieri e riflessioni personali – in maniera molto umana insomma, opposta alla freddezza di molti profili social professionali. Cosa ti spinge ad aprirti genuinamente con i tuoi follower?
Per anni sono stato super professionale sui social e postavo solo roba serissima di musica senza mai dare spazio ad altro. Negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi ho sentito il bisogno di mostrare più il mio lato “umano” anche perché questo non intacca minimamente il lato “batteristico”. Ovviamente non condivido tutta la mia vita su Facebook ma mi piace l’idea di essere meno “robotico” e più me stesso.
Proprio sulla tua pagina leggevo, qualche tempo fa, una tua critica ai batteristi estremi che suonano in maniera statica e meccanica. Quanto conta per te la fisicità, quanto il groove? È possibile associare queste caratteristiche all’extreme drumming?
Al momento non ricordo questo post… Credo che Più che una critica fosse una considerazione perché alla fine ognuno può suonare come vuole. Credo che l’abuso di trigger e la voglia di toccare i 400000 bpm abbiano tolto alcune caratteristiche che, personalmente parlando, mi hanno fatto innamorare di questo modo di suonare tanti anni fa. Io sono cresciuto suonando senza microfoni o triggers quindi per me “levantar a mao” (come dicono in Brasile) era l’unica soluzione di farmi sentire. Sarà anche l’età, ma continuo a preferire la vecchia guardia fino a Derek Roddy. Per me Igor Cavalera, Dave Lombardo, Donald Tardy rappresentano quello che per me è e sarà sempre il metal drumming ormai old school, ma pur sempre il mio preferito.
Quali saranno, a tuo parere, i nuovi sviluppi dell’extreme drumming nel prossimo futuro? Ci sono nuove strade che vedi aprirsi, magari con qualche giovane batterista nel ruolo di portabandiera?
Non saprei davvero perché non seguo più quel filone soprattutto le band moderne, spero ci sarà un ritorno alla “umanità” come sound e feel (evitando le quantizzazioni in studio).
L’intervista è finita, ti ringraziamo per la disponibilità. Concludi segnalando i tuoi prossimi impegni fra masterclass e live con le band.
Grazie per la bella intervista, è stato un piacere rispondere alle vostre domande, in bocca al lupo! Vi lascio anche i link al mio FB: https://www.facebook.com/RaphaelSainiofficial/
09/03 Torino – Intensive Drumday
10/03 Torino – Drumclinic (010 Music School)
16/03 Weekly Workout Cagliari
19/03 Intensive drumday Roma
22/03 Venezia – Live w/ Cripple Bastards
23/03 Pescara – Live w/ Cripple Bastards
30/03 Weekly workout Cagliari
27/04 Catania – live w/ Cripple Bastards
31/5 Antwerpen BEL -Antwerp Metal Fest
01/6 Lyon FRA -Warm Audio – w/ BillyBio
13/6 Lunen GER -Das Greif – w/ BillyBio
14/6 Strasbourg FRA -La Laiterie – w/ BillyBio
15/6 Lille FRA -l’Aeronef – w/ BillyBio
16/6 Reims FRA -Le Dropkick – w/ BillyBio
17/6 Kassel GER -Goldgrube – w/ BillyBio
18/6 Wien AUT -Viper Room – w/ BillyBio
20/6 Budapest HUN -Dürer Kert – w/ BillyBio
21/6 Chrudim CZE -R-Klub – w/ BillyBio
22/6 Ostrov nad Ohri CZE -ISLAND Fest – w/ BillyBio
24/6 Berlin GER -SO36 – w/ BillyBio
25/6 Lodz POL -Magnetofon – w/ BillyBio
26/6 Hamburg GER -Monkeys – w/ BillyBio
27/6 Osnabrück GER -Bastard – w/ BillyBio
28/6 Ysselteyn NLD -Jera on Air Festival – w/ BillyBio
29/6 Gräfenhainichen GER -Full Force Festival – w/ BillyBio