A qualche anno di distanza dall’esordio Heed, i pugliesi Ginkgo Dawn Shock ritornano in pompa magna con l’ottimo Inward | Flare, uscito ai primi del mese per This is Core.
È un lavoro che mette in mostra, come prima cosa, il carattere definito della band e il coraggio nell’emanciparsi dai loro modelli di riferimento, di cui si sente ancora l’eco ma che convivono pacificamente in un quadro d’insieme eterogeneo e peculiare. Le atmosfere del loro alternative sono eleganti e si respira aria di pulito nonostante a volte ci scappi qualche gemito claustrofobico alla Korn o delle incursioni alla Mudvayne. Non mancano certo bei crescendo ma i Ginkgo non esagerano mai con i muscoli e vengono diretti da una voce che, anzi, preferisce programmaticamente aprirsi a soluzione melodiche, ricordando a tratti il Leto dei primissimi 30 Seconds to Mars. A una voce cristallina si contrappone un tappeto dinamico ed irrequieto, ricco di dettagli e accortezze calibrate con giustezza, di pennellate luminose oppure sghembe e opache, che ha come numi Sevendust ed A Perfect Circle a un tempo, come pure i Tool di Opiate (“Mankerat”) o il prog più tarantolato dei Leprous. Ma i pugliesi hanno pure una spiccatissima propensione ad impelagarsi, quando è il caso, in momenti di più fluido post-rock, cosa che in qualche modo ingentilisce ulteriormente il tutto. I brani procedono poi con armonia, articolati come delle narrazioni, orgogliosi e con la spina dorsale dritta, con l’unica pecca di essere forse a volte solo poco agili per via di un minutaggio non sempre snello.
Nonostante qualche muscolo in più non avrebbe guastato, Inward | Flare è un notevole pugno nello stomaco, un invidiabile e maturo album di alternative, lo evitino solo i nemici delle belle voci e a chi proprio non gli riesce di digerire alcuni aspetti più mielosi.
(This is Core, 2019)
1. Sadcasm
2. Klys
3. Mankerat
4. Kyrie
5. Yedinyy
6. Glacier
7. Solar
8. Allistee
9. Ljos
10. No Summer in Ohio