Gli Skull Above The Cannon sono un trio siciliano, stanziato però tra Bologna e Londra, nato nel 2014 e dopo un primo EP, pubblicato un anno più tardi, arriva al vero e proprio debutto discografico con Dagos (il termine rimanda al nome dispregiativo utilizzato dagli americani alla fine dell’Ottocento per indicare gli immigrati di origine latina). Se da una parte si può categorizzare il sound della band come alternative metal dall’altra ci sono così tante influenze da tirare in ballo anche certo prog metal, ma inteso come calderone di tanti generi come era il suo predecessore negli anni 70’ dove la sperimentazione era vitale.
I tre musicisti quindi si lanciano in una strada non così battuta come ci si aspetterebbe osando molto, forti anche di suoni davvero esplosivi grazie al mixing di Fabio Trombetta ed alla produzione della stessa band. Riuscire a far convivere delle vere e proprie mazzate sonore dall’alto tasso tecnico ad immediatezza senza farlo pesare a chi non ne è avvezzo va ad appannaggio solo dei migliori ed in questo la band ci riesce in pieno. “Away” (ottimo l’intermezzo folk destrutturato e reso cattivissimo) incendia subito gli animi con dei funambolici giri di basso ed un lavoro di batteria forsennato. Entrambi si basano su una tecnica notevole ma mai sopra le righe ed il collante perfetto è la chitarra che riempie nel migliore dei modi il sound in maniera precisa e massiccia. Il cantato è un mix tra l’aggressività dei Pantera e la melodia degli Alice In Chains. Tutto ciò è ben amalgamato senza che nessuno prevalga dove la scrittura viene messa davanti a tutto e che si evolve di continuo: ci sono parti tribali invischiate con i Melvins (“Devil’s Tail”), cannonate violente mischiate al funky (“Burst” o la dinamitarda “B. The Fish” con i suoi giochi ritmici di batteria) oppure episodi più elaborati come “Kaori” tra riff di chitarra incazzatissimi bilanciati da atmosfere dark intimiste. Forse la vera gemma del disco è la folle “Trip to Descent” che parte con un assalto furioso per poi evolversi nei giri schizzati dei The Mars Volta (con un basso ubriaco, nel senso buono ovviamente) mentre si accoppiano con i dipinti prog dei Tool. C’è davvero tantissimo nel piatto e qualcosa finisce inevitabilmente per essere meno riuscito come i due intermezzi “Rosa on the Train” e “Serenata” che vengono lasciati da soli senza riuscire ad amalgamarli al meglio con il resto. Simil discorso vale per “When the Music is Over” che nonostante sia ben realizzato non aggiunge molto al risultato finale.
C’è poco da aggiungere. Anche gli italiani sanno fare grande musica ma spesso si prediligono gli artisti stranieri. Non si faccia l’ennesimo errore perché il valore di questa band non deve essere ignorato!
(Milky Bomb Records, 2019)
1. Away
2. Devil’s Tail
3. B. The Fish
4. Pigmen
5. Rosa on the Train
6. Trip to Descent
7. Kaori
8. Serenata
9. Burst
10. When the Music is Over
11. Dagos (Bonus Track)