Perdita della purezza originaria e imborghesimento oppure naturale evoluzione e maturazione? Il dibattito intorno alle traiettorie artistiche delle band che, al succedersi dei rilasci, sembrano modificare gli assi pentagrammatici della loro proposta, è uno dei grandi classici che animano i metal cenacoli di ogni epoca e ad ogni latitudine, tra i lamenti e le imprecazioni degli amanti presuntamente traditi e le dotte dissertazioni dei darwinisti in servizio permanente. Come spesso accade negli scontri tra massimi sistemi, la risposta non va forse cercata in una sorta di regola aurea universalmente valida, ma piuttosto analizzando i singoli casi, pronti ad abbracciare tutto lo spettro delle possibili varianti e opzioni.
Alla pattuglia delle maturazioni opportunamente coltivate ci sentiamo senz’altro di iscrivere il combo norvegese dei Timeworn, che si presenta ai nastri di partenza del secondo lustro di carriera con un lavoro capace di calibrare meglio la spinta propulsiva degli esordi, levigando contemporaneamente il linguaggio, per un esito che promette di ampliare la platea dei potenziali fruitori senza perdere i contatti con i devoti della prima ora. Germogliato su un humus sludge – ad alto tasso di riflessi core – che aveva fatto accostare il debutto Luminescent Wake alle spigolosità di marca Black Tusk, il quintetto per la verità si era incamminato subito su un percorso parzialmente differente con il successore Venomous High. Quest’ultimo risulta difatti intriso di suggestioni Mastodon e Baroness, con il relativo annesso carico di riflessi prog e spolverate doom ad arricchire una tavolozza che rivelava già una crescita significativa in termini di personalità. Il processo giunge a definitivo compimento con questo Leave the Soul for Now, in cui i Nostri dimostrano di poter affrontare le onde dello sludge d’altura, contando su forze proprie tali da consentire anche lo sconfinamento in generi diversi senza minare la tenuta di un insieme che, al contrario, risulta arricchito da questa propensione alla contaminazione. Alla luce di ciò risulta sorprendente, ancor prima che fuorviante, il confinamento della band nel microcosmo metalcore a cui pure molti sembrano superficialmente indulgere, così come pure l’accostamento troppo ravvicinato a un monicker come i Kvelertak, nel nome di una presunta dimensione da “metal party band” che sottintenda spensierati convegni di sagome lungocrinite intente a celebrare sabbaticamente tra fiumi di alcool la sola dimensione live della proposta. Al contrario, i Timeworn propongono una lettura a tutto tondo dello sludge, concentrandosi in modo particolare sulle potenzialità offerte dall’innesto di una consistente componente melodica che, sommata a un sostanziale (e discretamente inatteso, su queste frequenze) rispetto della forma canzone classica con il suo alternarsi di strofe, ritornelli e riff, ne accentua il risultato in termini di immediatezza e potabilità. Lo stesso minutaggio delle singole tracce, del resto, certifica l’avvenuto distacco dalla tradizione core più debitrice della lezione punk e se a questo aggiungiamo la capacità di maneggiare materiale impegnativo in arrivo dalle orbite hard rock, classic metal e grunge, ecco che le distanze rispetto al debut si rendono immediatamente palpabili. Attenzione però, sull’altro piatto della bilancia, a ipotizzare un parallelo calo della carica muscolare ed energetica eventualmente sacrificata sull’altare della cura formale, perché, al contrario, le qualità “telluriche” dei norvegesi non sono minimamente in discussione e li candidano tra le esperienze comunque da vivere, ai piedi di un palco che li veda tra gli ospiti (in questo, forse, il paragone più immediato è quello con gli svedesi Bombus del gioiellino Repeat Until Death, al netto di un retrogusto kitsch qui del tutto assente, rispetto al quintetto di Goteborg). Ecco allora una sezione ritmica che macina potenza senza soluzione di continuità ed ecco le sei corde della coppia Hamilton/Smedhus sempre pronte a piombare sulla scena per dare al motore un carico di giri supplementari o regalare improvvisi squarci a volte acidamente lisergici e a volte quasi trasognati. A completare il quadro provvede l’ottima prova al microfono del vocalist Audun Mehl, alle prese prevalentemente con uno scream e un clean appuntito che, con un paio di (ragguardevoli) eccezioni, aggiunge all’impasto riflessi di tormentata inquietudine. Detto di una tracklist che non conosce un solo attimo di smarrimento o calo di tensione (e tra cui scegliamo “Oblivion Seekers” e “Paradise Crown”, come possibile compendio del livello di eccellenza raggiunto dalla band nella capacità di alternare i registri stilistici), vale la pena soffermarsi sulle due tracce “anomale” della compagnia, a cominciare da quella “Hellwater” in cui per larghi tratti rivive l’epopea grunge, addirittura riproposta in modalità quasi unplugged e con un Mehl perfettamente in grado di reggere l’accostamento con le ugole più celebrate del genere, prima che un assolo blues sopraggiunga a scompaginare ulteriormente le carte. Ma il vertice dell’album lo regala probabilmente la conclusiva “Vagrant Heart”, dieci minuti da trascorrere in un andirivieni continuo sul confine tra grunge e post metal avvolti da un’atmosfera a lungo voluttuosamente sinuosa, ma proprio mentre la sensazione dominante sembra quella di essersi imbattuti in una semi-ballad da abbandono onirico, un finale pirotecnico fa letteralmente esplodere la miscela, per una resa cinematografica che sotto tutti i cieli post è sinonimo inequivocabile di un brano con i fatali tratti dell’imperdibilità.
Impeccabilmente tempestoso e trascinante come è lecito attendersi da un lavoro in uscita da una fucina sludge ma non meno coinvolgente quando si avventura su rotte che offrono possibili approdi ereticamente allettanti, Leave the Soul for Now è un album che supera di slancio le difficoltà insite in un azzardo multicolore sfoderando un piano di volo allo stesso tempo coraggioso e impegnativo. E’ vero, i Timeworn non sono più quelli degli esordi… sono semplicemente diventati una grande band.
(2019, Loyal Blood Records)
1. Sky Castles
2. Count the Crosses
3. Oblivion Seekers
4. Hellwater
5. Paradise Crown
6. Visceral Reality
7. The Fallen King
8. Vagrant Heart