Le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Leggendo le note promozionali di questo disco il sottoscritto si è leggermente spaventato, trovandosi di fronte a un synth pop molto easy e dal massiccio apparato melodico. Eppure la creatura chiamata The Opium Cartel (ad opera del mastermind e chitarrista norvegese Jacob Holm-Lupo, qui aiutato da parecchi ospiti), con il terzo disco Valor, riesce magicamente a far sciogliere qualsiasi animo avvalendosi anche di piccole intuizioni strumentali non banali che donano pienezza al risultato finale.
Oltre che al già citato synth pop (dall’incedere molto rilassato e con la giusta dose di spensieratezza) c’è una certa anima sperimentale che probabilmente deriva dai passati trascorsi di Jacob in progetti progressive rock (va citata la band White Willow). I brani del disco sono quindi melodicissimi ed immediati ma al loro interno nascondono molte sfumature. Si cambia spesso registro partendo da episodi smaccatamente facili come “In the Streets” e la danzereccia e saltellante “Nightwings”, che sono infarciti fino all’orlo di morbide vocals (in molte occasioni vi è la presenza della donzella Silje Huleboer), per poi passare a qualcosa di più complesso senza per questo dimenticare l’emozionalità che emerge nella fiabesca “Fairground Sunday”. Si fa spazio piano piano prima il neo progressive rock anni 80’ (molto meno tecnico ma più incentrato sulla melodia) che viene indossato da tracce elaborate come la ritmata “Under Thunder”, in bilico tra elettronica, cambi di tempo e tinte psichedeliche, e “A Maelstor of Stars”, imbottita di tonalità folk nordiche, cesellature di chitarra elettrica e continue rifiniture in evoluzione oltre che ottimi assoli. Ma la percezione è che la band vada più sull’art rock evitando che la tecnica domini lasciando che siano le emozioni prendano il sopravvento. “Slow Run” punta sull’atmosfera e su di un dream-pop elettronico mentre su “A Question of Re-entry” viene fuori l’amore per Vangelis con il suo incedere spaziale ed enigmatico forte di un assolo decisamente psichedelico. Sorprende invece la cupa e malinconica “The Curfew Bell” che varia ancora di più la proposta e la traccia bonus è “What’s it Gonna Be”, cover dei Ratt. Il notevole assembramento di musicisti di diverse estrazioni musicali rende il disco sfizioso, elegante e raffinato senza scadere nel mero intrattenimento disco-pop ma dando prova di essere davvero ispirato e con le idee ben chiare seppur non siano particolarmente originali.
Un album completo, bello, intrigante ma soprattutto adatto a tutti. Una carezza all’anima che tutti avrebbero bisogno ogni tanto. Consigliato!
(Apollon Records, 2020)
1. In The Streets
2. Slow Run
3. A Question of Re-entry
4. Nightwings
5. Fairground Sunday
6. Under Thunder
7. The Curfew Bell
8. A Maelstrom of Stars
9. What’s It Gonna Be