A due anni da Love In Shadow, i Sumac tornano con May You Be Held, uscito per la Thrill Jockey il 18 settembre. Se il precedente album si è contraddistinto per il marcato espressionismo musicale e per il numero di idee e di stratagemmi sonori, quest’ultimo invece approfondisce ed elabora ulteriormente la sperimentazione e la ricerca musicale cominciata due anni fa.
May You Be Held rappresenta perfettamente il particolare momento storico che il pianeta sta affrontando. Da ogni traccia che compone l’album, infatti, emerge un sentimento di smarrimento e di turbamento, a cui si affiancano una forte rabbia e critica sociale. Da un punto di vista musicale ciò si traduce nell’utilizzo di paesaggi sonori dalle tinte drone e dissonanti, cariche di un senso di attesa e di spaesamento. Questo risulta evidente specialmente nella prima e nell’ultimo traccia, ovvero “A Preyer For Your Path” e “Laughter And Silence”. In particolare, se l’ultima cerca di dare metaforicamente un suono al silenzio, la prima, invece, presenta un impeto rabbioso che si traduce in sonorità grevi e ruggenti. La seconda traccia, omonima dell’album, e la penultima (“Consumed”) sono invece quelle più sperimentali e presentano perciò un minutaggio importante. Infatti, la prima dura ben diciannove minuti e la seconda sedici. Quest’ultima, in particolare, è la traccia più riuscita dell’album poiché riesce a raggiungere e a offrire all’ascoltatore un momento di catarsi, attesa e ricercata per tutta la durata dell’album. Gli ultimi minuti, infatti, si caratterizzano per una climax ascendente di caos e rabbia che musicalmente si traduce in riff di chitarra dissonanti e in una batteria martellante ed incalzante. “The Iron Chair”, la terza traccia delle cinque, infine, amalgama le spinte sperimentali con il drone e il growl di Turner. Essa è infatti un perfetto “singolo” di presentazione dell’album. È difficile inquadrare May You Be Held in un unico genere, anche se la componente principale può essere identificata in un vena industrial che costituisce il fulcro di tutto l’album, grazie all’utilizzo del drone e dell’elettronica. In alcuni punti dell’album, infatti, sembra di sentire in lontananza l’eco dei the body e dei Sunn O))). Vi è inoltre un forte richiamo al post-hardcore e per rendersene conto è sufficiente ascoltare i riff di chitarra che compongono la traccia omonima dell’album.
Nonostante alcuni paesaggi sonori accattivanti e alcuni stratagemmi musicali che hanno contribuito alla sperimentazione di cui Aaron Turner (voce e chitarra), Brian Cook (basso) e Nick Yacyshym (batteria) si fanno portatori, non resta che evidenziare la fumosità e inconsistenza di May You Be Held. Da un punto di vista musicale, infatti, questo album risulta dispersivo, dal momento che non esiste un vero e proprio filo conduttore che tenga insieme i differenti elementi musicali. L’apice di questa dispersività è rappresentato dalla traccia omonima dell’album, poiché in diciannove minuti di lunghezza pare che non vi sia una vera e propria struttura di base. Inoltre, se la prima parte della traccia è più industrial, la seconda invece vira verso sonorità molto sostenute e quasi death metal. Tuttavia, non vi è un vero e proprio legame tra le due parti che giustifichi la variazione di genere e dunque la prolissità della canzone. Pregio dell’album è, invece, quello di aver tramutato le emozioni in musica. Ascoltando l’album sembra infatti che ogni suono rappresenti un sentimento differente.
(Thrill Jockey, 2020)
1. A Prayer For Your Path
2. May You Be Held
3. The Iron Chair
4. Consumed
5. Laughter And Silence