Suonare doom metal e realizzare un album di sei tracce in mezz’ora sembra, anche nel 2020, un azzardo che non può non suscitare curiosità. Se poi si considera che la band in questione viene da due album dal suono potentemente atmosferico, la curiosità diventa interesse (per dirla con Tarantino). Quando ho schiacciato il tasto play sulla intro di Protosapien avevo i miei dubbi su quanto convincente sarebbe potuto essere un atmospheric sludge/doom compendiato in trentacinque minuti di album: canzoni tronche? Mancanza di una atmosfera convincente? Oppure i Jupiterian hanno deciso di cambiare genere? Dopo solo dieci minuti l’unica cosa di cui ero certo era l’inutilità dei miei dubbi iniziali, fugati dall’ottima proposta della band brasiliana. Ma andiamo con ordine.
Tralasciata l’intro dai suoni “cosmic” che adesso tanto vanno di moda (senza aver ancora stancato) si viene accolti dall’inquietante tremolo di “Mere Humans”, sorretto da una batteria tanto massiccia quanto fredda – come l’intero suono dell’album, del resto – che ricorda quella del pesantissimo esordio “alla Primitive Man” Aphotic (2015). La successiva “Voidborn” ricalca l’effettiva prima traccia per struttura e suoni, pur presentando un riffing più caotico e allontanandosi dal doom vero e proprio per lanciarsi verso scenari black/sludge che vagamente ricordano i Cobalt di Gin. Il rallentamento finale della canzone ci permette di entrare nella seconda parte dell’album, attraversare la quasi-ambient “Capricorn” e terminare con il doom dai richiami fortemente black-atmosferici delle ultime due tracce, slabbrato ma non caotico e nemmeno privo di riff strutturati su cui accennare perfino un headbang. I Jupiterian hanno quindi davvero cambiato qualcosa nella propria proposta. Senza rifiutare né la cupa pesantezza degli esordi né le derive atmosferiche (lì ancora troppo annacquate) di Terraforming (2017), i brasiliani deviano verso, come già accennato, un black/sludge molto interessante, caratterizzato da suoni netti e potenti (dovuti anche ad un ottimo lavoro in fase di missaggio), linee vocali centrate su un growl di buon livello e una proposta che alterna freddissimi deserti astrali a ribollenti effluvi di lava nera.
Nonostante il minutaggio ridotto, con questo Protosapien i Jupiterian confezionano un ottimo lavoro doom metal (pur con tutte le succitate peculiarità del caso) ma si confermano anche testimoni di quel fenomeno che vede la lunghezza degli album di molti sottogeneri del metal, soprattutto quelli più “ostici”, decrescere col tempo. Capita sempre più spesso di imbattersi in album doom o sludge dalla durata inferiore ai quaranta minuti e ci si rende conto di stare assistendo ad un mutamento che non è questa la sede per discutere ma che dovrebbe interessare non solo i vecchi doomers fan dei Candlemass e dei Saint Vitus.
(Trascending Obscurity Records, 2020)
1. Homecoming
2. Mere Humans
3. Voidborn
4. Capricorn
5. Starless
6. Earthling Bloodline