Nuovo lavoro per Julinko, alias Giulia Parin Zecchin, che torna a registrare nella sua forma solistica a un anno di distanza da Nèktar (2019, Toten Schwan Records, Stoned to Death Records), che la vedeva affiancata da due elementi esterni al progetto. No Destroyer è stato registrato durante la primavera del 2020 e porta con sé l’atmosfera desolata della quarantena. La formula del disco è tanto semplice quanto efficace: sei tracce di breve durata in cui il sound sporco, distorto e sperimentale della chitarra sposa perfettamente la voce eterea e a tratti salmodiante della Parin Zecchin, costruendo così delle atmosfere che ben si sposano con lo stato d’animo indotto dagli eventi dell’anno appena passato.
La breve intro sperimentale apre all’ascoltatore lo scenario del disco, architettato in modo che l’essenzialità degli arrangiamenti rendano ancora più diretto il messaggio portato dall’artista. Ci troviamo sicuramente di fronte a un disco intimista, e la title track ce lo conferma. Segue “Oh Maiden”, un viaggio onirico in cui la timbrica da sacerdotessa dell’artista ci tiene per mano mentre ci guida attraverso il paesaggio sonoro caratterizzato dall’andamento ipnotico e acido della sua sei corde, che nella successiva “Vergissmeinnicht” diventa il tappeto su cui le parole scivolano in modo arioso prima di diventare un coro ossessivo e ondeggiante che anticipa perfettamente “Curtain (Jaw Apotheosis)”, traccia al di sotto dei sessanta secondi che ne riprende la struttura per poi concludersi con un fade out in reverse che avvolge l’ascoltatore e lo prepara alla chiusura dell’EP, affidata alla malinconica “The Ribbon”.
Dopo la parentesi doom, Julinko ritorna nella sua dimensione più classica riabbracciando il sound velatamente shoegaze a cui ci aveva abituati in questi anni, sebbene con una maturità artistica maggiore.
Il disco è indubbiamente figlio del suo tempo e nelle intenzioni si dimostra così sincero da diventarne praticamente un manifesto, la colonna sonora perfetta di un anno che, se da una parte ha posto altissime barriere alla comunicazione, dall’altra ha fatto nascere una forte necessità di esprimersi, che gli artisti dotati di accentuata sensibilità come la nostra Parin Zecchin hanno saputo far fiorire in piccoli capolavori come questo.
(Dio Drone, Ghost City Collective, Dischi Devastanti Sulla Faccia, 2021)
1. Islander
2. No Destroyer
3. Oh Maiden
4. Vergiessmeinicht
5. Curtain (Jaw Apotheosis)
6. The Ribbon