Per comprendere appieno la genesi del progetto baltico chiamato Pamirt bisogna fare un po’ di ordine cronologico, in quanto i tre musicisti coinvolti arrivano da altrettante esperienze molto particolari. La vocalist Kristiāna Kārkliņa ed il batterista Edvards Percevs erano attivi nel 2009 con il primo EP degli Ocularis Infernum (un rozzo black metal old school d’assalto) spostandosi poi negli Eschatos dove fecero conoscenza con il terzo membro, ovvero il chitarrista/bassista Edgars Gultnieks e dando alle stampe notevoli perle sonore come il magnifico The Grand Noir del 2015. Al trio le etichette stavano, evidentemente, alquanto strette e pochi anni dopo si uniscono per creare questo debutto Mausoleum nella sperimentale Berlino, dove la cantante si dirigeva spesso per lavoro.
In questo album vanno a finire tutte le esperienze dei musicisti, ma c’è in essi una notevole trasformazione, forse dettata dalla voglia di creare qualcosa più nelle loro corde. La voce di Kristiāna abbandona il malvagio screaming del passato per dedicarsi ad un demone gotico debitore di acts come Jarboe per le melodie soavi e tragiche, miscelandole però ad un approccio neoclassico. Protagonista indiscusso dell’album è difatti il pianoforte, spogliato della sua veste “aristocratica” e immerso nel buio totale, in un modo che ricorda la malvagità ossessiva di Diamanda Galas, buttando fuori un certo dolore interiore anche se meno oscuro. Le note d’avorio della deviazione ansiogena di “That Day” mostrano subito una voce piena e convinta dei propri mezzi, mentre le dita scorrono sui tasti in maniera sempre delicata, passando ad intermezzi post-rock nella sognante “Early March” o nel drone cupissimo della malata “Danube”, sprofondando poi nella cruda malinconia della finale “Bloodletting” con quel piano immateriale e la voce malefica. Edvards ed Edgars rappresentano la componente più fisica, anche se suonano i propri strumenti molto in ombra. La chitarra si fa eco di sfumature spaziali alienati nella traccia di apertura inserendoci poi riff black metal nell’harsh noise/ambient di “The Dinner” o creando dei monoliti doom metal massicci nella distorsione psichedelica di “Crazy” che contiene un crescendo molto intenso. Dal canto suo, il buon Edvards alla batteria si fa marziale e meno impetuoso che in passato, imparando anche lui dalle esperienze del black metal in salsa prog dei già citati Eschatos, dosando i tocchi ritmici e segnando tempi a volte distruttivo/apocalittici ed altre in maniera più marziale come la rallentata titletrack “Mausoleum” che illumina il buio con dei vocalizzi impressionanti in viaggio verso gli astri abbandonandosi alla totale psichedelia mentale.
Il disco è stato nominato ai The National Latvian Music Awards “Zelta mikrofons” come miglior album sperimentale del 2020, certamente con i dovuti meriti, ma c’è anche da dire che l’originalità è parziale, dato che molti aspetti del disco sono già stati trattati da altri illustri colleghi. Si pensi che le atmosfere più pesanti e “metal” sono da parecchio tempo nelle corde di Chelsea Wolfe e quelle più ariose e derivanti dalla musica classica le opera anche Anna Von Hausswolff. L’inizio è promettente ma la maturità vera e propria necessita più tempo, crescita e determinazione, il che è singolare dato che il progetto Eschatos era molto più elaborato e complesso. Un debutto “semi-particolare” che avvicinerà molti ascoltatori, anche chi apprezza sonorità più recenti come Lingua Ignota. Consigliato!
(Tartarus Records, 2021)
1. That Day
2. Mausoleum
3. This Dinner
4. Early March
5. Danube
6. Crazy
7. Bloodletting