Dopo 16 anni da Amerijuanican tornano, con gli occhi rossi e il pastone in bocca, quei fattoni dei Bongzilla, manifestatisi il 20 aprile scorso (e quando sennò) con Weedsconsin, album dall’artwork psichedelico e dal suono corposo e dilatato, che ci presenta in nostri esattamente nella stessa offuscata forma in cui li si era lasciati più di tre lustri fa.
Il lavoro è infarcito di quei ricorrenti riferimenti alla marijuana e al fumo che tanto sono in voga nello stoner/doom contemporaneo che i Bongzilla propongono qui con la freschezza non di innovatori ma, ancor meglio, di inventori, di chi prima di Dopesmoker e del britannico Legalize Drugs and Murder dava alle stampe per Relapse il magnifico Stash. È con queste premesse old school che il riff super effettato di “Sundae Driver” apre l’album, gettando in uno sciacquone di delay e feedback qualunque paura (o speranza) che i nostri avesse deciso di raffinarsi da quel lontano 2015. Insieme a quello della successiva “Free The Weed”, il giro di sei corde della opener è il migliore, nel proprio minimalismo distorto che urla BONGZILLA! da ogni nota, dell’intero lotto. Quella della prima coppia di brani, infatti, è la soglia che differenzia Weedsconsin da un capolavoro assoluto del genere come Gateway: dopo queste, infatti, il tutto tende ad appiattirsi sui toni lenti ma non ipnotici, distorti ma non aggressivi, di due suite psychedelic doom come “Space Rock” (che è ciò che dice di essere) e “Earth Bong, Smoked, Mags Bags”, che dopo un quarto d’ora rischia di non farti neanche capire dove voglia andare a parare. Finisce tutto con “Gummies”, lo stesso riff ripetuto per sei minuti, un tiro così profondo che ti porta indietro nel tempo prima di esserti arrivato al cervello.
Nel 2005 avevo cinque anni, quindi non ho idea di quanto una cosa profondamente malvagia come la musica dei Bongzilla potesse suonare quando a fare qualcosa di quel tipo erano in dieci stronzi in tutto il mondo, ma so che nel 2021, quando in ogni pagina dei consigliati di Bandcamp trovo l’ennesima band blackened sludge inglese che mi fa dire “Eh sì, questi qui sono i peggio di tutti”, l’effetto che i nostri fanno a un pischellino come me è piuttosto tiepido. I Bongzilla non sono più né i più pesanti, né i più cattivi, ma un loro ritorno dopo sedici anni con un album che fa sembrare che ne siano passati due ha un suo senso, e nel bene o nel male non si può che apprezzarlo. Questi tossici maledetti ci tengono a dirci, nel caso ce lo fossimo dimenticati, che la via del Riff con la erre maiuscola è l’unica che valga la pena seguire e che loro saranno sempre qui per noi, a suonare sempre la stessa cosa. E alla fine, per questi giganti, va benissimo così.
(Heavy Psych Sounds Record, 2021)
1. Sundae Driver
2. Free The Weed
3. Space Rock
4. The Weedeater
5. Earth Bong, Smoked, Mags Bags
6. Gummies