Una delle realtà più importanti per la scena goth metal italica è tornata a farsi sentire con un disco fresco fresco a distanza di un lustro da Candyland. Sarò sincero: i Theatres Des Vampires li avevo dati per terminati, ma a quanto pare avevano solo bisogno di raccogliere e organizzare un pochino le idee prima di ritornare alla carica con le loro tipiche sonorità da circo nero.
I TDV sono una di quelle band dal fare altalenante, nel senso che di base offrono cose molto piacevoli, ovviamente se si è amanti del genere, ma se analizzando la loro carriera si colgono molti episodi sottotono, come Anima Noir o Nightbreed of Macabria, abbastanza da poter dubitare ogni volta che fanno uscire qualcosa. In un certo qual senso questo aspetto può essere solo vantaggioso, perché ad abbassare le aspettative si può restare solo stupiti. In questo caso non rimaniamo esattamente stupiti ma perlomeno soddisfatti e accontentati. In Nomine Sanguinis è un lavoro che non fa rimpiangere nulla delle migliori cose fatte dalla band in passato, è un disco solido, con momenti tutto sommato duri e pesante. Il riffing à la Rammstein unito ad accordature belle basse contribuisce a dare alla musica un carattere roccioso, anche se dirò la verità, spesso i suoni risultano un pochino troppo plastici, troppo digitali. L’artigianalità è un fattore che si fa mancare qui. Diciamo che potremmo anche sorvolare considerando il genere in sé che necessita una certa pulizia per far sì che orchestrazioni, perizie vocali e synth siano tutti molto vividi e soprattutto nitidi. Ci sono momenti molto interessanti sparsi per tutto il disco, uno in particolare è il brano “Christina”, in cui riff duri e cadenzati se la giocano con synth tipicamente anni ’80 e devo dire che fa la sua figura. Forse l’unica cosa che potrebbe far storcere il naso sono le incursioni di beat elettronici che fanno pensare a quel fenomeno (già morente tra l’altro e per fortuna) della trap, ma a parte questo tutto scorre molto bene. Sonya Scarlet è la solita bravissima cantante dalla grande espressività e grinta (per me sempre stata di molto superiore ad altre sue colleghe come Cristina Scabbia o Morena Rozzi). La sezione ritmica è dura e pesante e in sostanza tutto è molto godibile se si apprezzano certe sonorità, ma resta sempre quel problemino dei suoni digitali che per alcuni non fa alcuna differenza, ma per altri potrebbe rappresentare proprio l’ostacolo più grande.
Essenzialmente In Nomine Sanguinis è un disco carino, molto ascoltabile, soprattutto per i ritornelli poppeggianti, ma credo pecchi molto di originalità, non ci si trova mai l’elemento che accende l’interesse, a parte forse per un breve assolo presente nel brano sopracitato “Christina”. Ma di base non è nulla di particolarmente notevole, anzi, se possibile questo disco o almeno alcuni brani contenuti in esso potrebbero diventare dei giochi allo “scova il riff non originale”, ma qui si parla di un pubblico esperto del genere, perché i riferimenti a Cradle of Filth, Moonspell e Vision Bleak sono molto velati e magari nemmeno volontari. Però va anche detto che il goth metal inizia ad essere un genere un pochino sovrappopolato. Quindi può passare anche questa. Ma insomma? Sto disco? Beh, direi per affezionati o per amanti del genere con poche pretese.
(Scarlet Records, 2021)
1. Death In Venice
2. Endless Darkness
3. Christina
4. The Bride Of Corinth
5. Lady Bathory
6. My Cold Heart
7. In Nomine Sanguinis
8. Golden Cage
9. The Void Inside
10. Till The Last Drop Of Blood