Con Ultra Mono l’anno scorso gli Idles hanno raggiunto la vetta delle classifiche, trasformandosi in una band culto, con l’onere e l’onore di rappresentare il movimento di “rinascita” del post-punk non solo nel Regno Unito, ma toccando persino l’Italia. Le aspettative per il nuovo album, Crawler, uscito il 12 novembre 2021 per Partisan Records, erano dunque altissime e, dopo svariati ascolti perpetuati in questi giorni, si può affermare che esse siano state rispettate. Ma andiamo con ordine.
Già con il precedente album gli Idles avevano dimostrato una nuova maturità sonora e narrativa, tesa tra l’introspezione e le tematiche sociali, alle quali la band ci aveva abituato sia con Brutalism (2017) sia con Joy As An Act Of Resistence (2018). Con Crawler essi però hanno fatto un passo ulteriore, trasformando sia le liriche – sempre dirette, come insegna il punk, ma più corpose, metaforiche e autobiografiche – sia le sonorità – aperte verso sperimentazioni più elettroniche e incursioni free jazz. In particolare, questo nuovo album ha come tema un incidente automobilistico, che ha coinvolto il cantante Joe Talbot, e la dipendenza dalle droghe. “It was February / I was cold and I was high / The swell of heaven on my dashboard / I can see my spinal cord rip high”: si può ascoltare nella prima traccia, “MTT 429 RR”. Da subito, dunque, viene delineata la linea narrativa che si dispiega nelle 14 tracce che compongo l’album. Ciò vale, in realtà, anche per la linea sonora. Quest’ultima è più dark, con incursioni elettroniche, noise e quasi industrial, trasmettendo un senso di malinconia e di introspezione. Nonostante ciò, non è carente l’abrasività dei suoni che caratterizzano gli Idles fin dai primordi. Da un punto di vista compositivo, quindi, l’album presenta un doppio strato: alla base vi sono le sonorità post-punk e garage rock, tipiche della band; più in superficie, invece, vi è una costante sperimentazione che vira verso sonorità elettroniche e distorte e, come accennato in precedenza, free jazz. Emblematica è “The Beachland Ballroom”, una vera e propria ballata soul, che porta l’ascoltatore verso nuovi lidi sonori, che sembravano inconcepibili per gli Idles. Un’altra traccia esemplare è “Car Crash”, che possiede un tocco noisy industrial, con chitarre distorte e un’introduzione alla musica atonale. Viceversa, tracce come “The New Sensation” e “King Snake” sono ciò che ci si aspetterebbe di ascoltare dagli Idles, cioè canonicamente post-punk e, perciò, in questo contesto, più noiose. Anche “Crawl!” rappresenta la canzone-tipo della band, anche se possiede delle dissonanze interessanti, che non la rendono completamente piatta. “Meds” e “The End”, invece, presentano delle incursioni post-hardcore. La prima, in particolare, estirpa le trombe distorte dal free jazz e le impianta nella composizione, risultando estremamente energiche e ritmiche. “Kelechi” è un intermezzo musicale (pletorico) di ventinove secondi che presenta dei synth ambient e introduce “Progress”. Quest’ultima si apre con un arpeggio di chitarra acustica che viene completato da elementi elettronici che introducono luce e calma nella composizione. Essa si contrappone in maniera complementare al secondo intermezzo dell’album, “Wizz”: dalla forza grindcore, estremamente violenta.
Complessivamente, si può affermare che gli Idles abbiano abbassato il freno a mano sulla sperimentazione sonora e che sembrino finalmente pronti per intraprendere nuove strade da un punto di vista compositivo. Crawler, nello specifico, sembra costituire un punto di partenza per il gruppo, mentre – in un’ottica retrospettiva – Ultra Mono appare come un punto di arrivo. In questo nuovo album non mancano, tuttavia, alcune tracce superficiali, che nulla aggiungono all’ascolto complessivo. La loro esistenza può essere giustificata solamente dal fatto che, forse, la band non abbia voluto del tutto destabilizzare i propri ascoltatori, presentando Crawler come un album di transizione. Caratteristica fondamentale, invece, è che gli Idles abbiano mantenuto la capacità di essere forti, violenti e abrasivi nonostante il denso contenuto autobiografico e le atmosfere malinconiche e sfocate di cui è compostato l’album. Già l’artwork, con una fotografia dell’interno di una casa, fa presagire che l’ascoltatore avrà uno sguardo privilegiato sulle emozioni e sui pensieri più intimi degli Idles e, in particolare, di chi ha composto la linea narrativa di Crawler. L’immagine dell’astronauta in primo piano, infine, potrebbe rappresentare la necessità di isolamento, oltre ad essere un sintomo di alienazione rispetto alla quotidianità (la casa). Per concludere, indubbiamente questo è un ottimo album di transizione per una band che non ha mai smesso di aggiungere tasselli al proprio percorso musicale e, perciò, è vivamente consigliato l’ascolto.
(Partisan Records, 2021)
1. MTT 420 RR
2. The Wheel
3. When the Lights Come On
4. Car Crash
5. The New Sensation
6. Stockholm Syndrome
7. The Beachland Ballroom
8. Crawl!
9. Meds
10. Kelechi
11. Progress
12. Wizz
13. King Snake
14. The End
7.5