L’impatto con “The Source”, pezzo posto in apertura del penultimo disco dell’inglese Dan Caine (oggetto però di recente ristampa da parte della Fluttery Records) è assolutamente più che buono. Il brano porta alla mente alcune atmosfere degne del migliore Nest, privato ovviamente degli strumenti tipici della tradizione nordica usati nel progetto finlandese. Caine è di fatto un chitarrista, anche bravo se vogliamo, non uno “shredder” ma uno che ama dipingere con le sue note, abbozzare quadri che si devono poi sviluppare nella mente di chi ascolta i suoi album, come nel caso del qui presente Rivers. Che, diciamolo subito a scanso di equivoci, non è post-rock (sebbene la stessa etichetta ne parli come tale): lo definiremmo forse come soft rock strumentale, privo com’è delle consuete strutture che di norma fanno parte del bagaglio di ogni album di post-rock che si rispetti. Qui si punta più sull’introspezione, sulla meditazione, sul trasporto emotivo senza scossoni o climax sentimentali, ma come un fiume (appunto) Caine cerca di guidare l’ascoltatore attraverso quello che vorrebbe trasmettere, ossia un viaggio nella natura dominata dall’acqua, in tutte le sue forme, meglio se trasposta in una pura ed incontaminata foresta inglese. Il problema è che questo tentativo comincia a perdere colpi già a partire dal terzo pezzo.
Non è sicuramente facile comunicare un concetto, o addirittura una vera e propria ambientazione, utilizzando le sole note, senza ausilio di effetti particolari o testi: il Nostro ci riesce a tratti, ma salvo rari casi le canzoni di Rivers potrebbero essere trasposte in molti altri contesti, non necessariamente naturalistici. Viene dunque meno per chi scrive la missione del chitarrista, che ci lascia un album di otto pezzi tutto sommato sufficienti, ma nulla più. La già citata “The Source”, “Ebb and Flow”, “Floodplain” e la conclusiva “Enter the Sea” sono probabilmente i migliori del lotto, quelli un po’ più ispirati: in essi ritroviamo alcuni echi dei grandi chitarristi inglesi (e non solo), ci sono sprazzi atmosferici “à-la Gilmour”, per esempio, che effettivamente funzionano nel contesto del pezzo, ma nel complesso siamo di fronte ad un lavoro appena sufficiente. Non perché suonato male, attenzione, ma perché non riesce a convincere, a passare il messaggio, a coinvolgere, limitandosi a fluire in sottofondo, placidamente. Fallisce insomma il suo obiettivo principale.
Si tratta di un ascolto consigliato ai soli amanti degli album strumentali dominati dalla chitarra (qui assolutamente padrona della scena, e accompagnata solo da qualche tappeto di effetti o da una flebile batteria), ma se cercate qualcosa che vi trasporti nelle campagne e nei boschi inglesi dovete probabilmente cercare altrove.
(Fluttery Records, 2021)
1. The Source
2. Ebb and Flow
3. Long Profile
4. Floodplain
5. The Dam
6. Stormwaters
7. Tributaries
8. Enter the Sea