Senza dubbio possiamo pensare alla tedesca Prophecy Productions come ad una delle etichette più intimamente connesse con quella che è la mia idea di musica: un qualcosa in grado di creare libertà (mentale) grazie ad una lungimiranza sonora avulsa da quelle che sono le realtà monotematiche tanto care a buona parte degli ascoltatori. Quando mi approccio ad un catalogo spero sempre di avere sotto mano una pluralità di “vedute” che però al tempo stesso siano comunque accomunate da una medesima linea concettuale, e non una serie interminabile di dischi che suonano tutti allo stesso modo. È per questo che non appena mi si è presentata l’occasione di ascoltare Dual +, il nuovo album dei Deine Lakaien, ho immediatamente accettato.
Rispetto al precedente Dual, uscito nella prima parte dell’anno, questo potrebbe essere visto come la sua versione “upgrade”, piuttosto che una raccolta di tutto ciò che è rimasto fuori dal primo album. Se in precedenza avevamo assistito a dieci nuove composizioni affiancate da altrettante cover che ne esplicavano la genesi, che seguiva rigorosamente un principio di causa ed effetto sui due lati dell’album, questa volta invece abbiamo un lavoro singolo decisamente più strutturato come compattezza, nonostante la grande varietà stilistica dei brani. L’intento di base, cioè quello di tributare il giusto omaggio alle proprie influenze musicali, emerge anche senza dover ricorrere all’uso eccessivo delle cover. In questa seconda ipotetica parte difatti troviamo soltanto “Set the Controls for the Heart of the Sun” dei Pink Floyd, “Losing My Religion” dei R.E.M. e “Mr. DNA” dei DEVO. Già la scelta dei brani da riproporre fa capire dove stiamo andando, e cioè incontro all’infinito, liberi dal doversi sentire per forza di cose legati a un certo tipo di musica. L’estetica sonora dei Deine Lakaien si plasma alla perfezione rendendo ogni brano di Dual + un episodio a sé stante dove la voce di Alexander Veljanov riesce a contestualizzarsi nel minimalismo degli arrangiamenti di Ernst Horn, con la conseguenza che questo secondo è inquadrabile come un disco più “sperimentale” (in cui la cover dei DEVO gioca il ruolo principale) rispetto al precedente, proprio per la ricerca più spinta a livello sonoro. Ricerca che esula dalle componenti synthpop darkwave cui ci eravamo abituati, scelta che li premia anche per l’idea di andare verso una “provocazione sonora” che senza dubbio coglie nel segno.
Gli orizzonti sonori del duo tedesco paiono tendere verso l’infinito, ergendosi liberi e illimitati, e non fatico a considerare la loro come musica veramente di avanguardia. Soprattutto a livello mentale ancor prima che sonoro. Ovvio che la componente darkwave sia e continui ad essere quella principale, ma sono proprio album come questo (e il precedente) che ci fanno capire come si possa essere “oscuri” anche in modalità meno consone agli standard. Siamo sicuramente ad un livello espressivo decisamente più “pop” rispetto al passato ma ciò non deve essere visto come un limite, al contrario, trovo che la loro dimensione attuale dimostri ancora una volta come la qualità intrinseca del loro essere musicisti ne esca rafforzata, proprio perché ce li presenta al top in ogni contesto.
(Prophecy Productions, 2021)
1. Cradle Song
2. Nightfall
3. Set the Controls for the Heart of the Sun
4. Self Seeker
5. Run (2nd Version)
6. Losing My Religion
7. Mr. DNA
8. Altruist
9. Fork
10. Wiegenlied
8.0