Sinceramente non mi convincono mai del tutto gli album acustici, ho sempre l’impressione che siano un modo per riciclare materiale inutilizzato. Questo è quello che pensavo prima di ascoltare lavori incredibili come The Scars of Man on the Once Nameless Wilderness Pt.2 o questo nuovo bellissimo disco di Sivyj Yar intitolato Golden Threads.
La bellezza insita in questo album è immensa. I colori e la luce abbacinante emanati dalle sonorità gioiose di questo piccolo gioiello sono motivo di grande soddisfazione se si ha una certa sensibilità per la musica melodica e atmosferica. Il basso oleoso che getta le fondamenta stabili di una struttura naturale è perfetto e terreo nella sua consistenza, ma quello che più viene colto da chi ascolta è una miriade di note glaciali e allo stesso tempo rassicuranti. La chitarra acustica è genitrice di melodie celestiali tutte giocate sulle prime tre corde. Ogni pezzo è come un respiro, colmo di vita. I brani sembrano non partire mai, ma è proprio qui che l’ascoltatore cade in inganno, perché i brani non vogliono essere dei pezzi di musica che crescono e si evolvono, ma semplicemente brevi momenti di vita in cui tutto è incredibilmente bello, fresco e anche umido come un mattino di primavera. Ascoltando Golden Threads si ha la sensazione di quando si cammina a piedi nudi in un prato su cui la notte ha gettato la rugiada e l’ambiente circostante brulica di vita che magari non puoi vedere, ma di sicuro puoi sentire e percepire con tutti gli altri sensi. Ci sono momenti di altissima eleganza qui dentro, che si palesano in pezzi come “Hear My Voice in the Spring Breeze”, con quel mottetto di chitarra così pieno di vita fatto di sole cinque note. E tutto il resto non è che musica semplicemente (se non banalmente) meravigliosa e pregna di un senso di pace infinito e in parte tutte queste sensazioni sono causate dalla presenza del gusli, lo strumento etnico slavo noto per generare note bellissime.
La verità è che sarebbe impossibile elencare tutti i momenti davvero belli del disco, basterebbe dire “tutto il disco”. Non è un lavoro che si ascolta per sentire un determinato brano, è uno di quei lavori per cui bisogna ritagliarsi del tempo per se stessi e ascoltandolo riappropriarsi del proprio equilibrio fisico e mentale. Quindi per chi ama l’artista per lavori come From The Dead Villages’ Darkness o Burial Shrouds, lavori che sono al cento per cento per fan di Agalloch, questo album forse non è proprio indicato, ma provate a immaginarli questi dischi senza percussioni e distorsioni, avrete senza dubbio come risultato qualcosa di molto vicino a Golden Threads, basta avere un po’ di immaginazione.
(Avantgarde Music, 2022)
1. A Voice Stung Softly Across the Fields
2. Hear My Voice in the Spring Breeze
3. Rusalia
4. Through the Fog the Villages Blacken
5. Juice of the Bitter Root Sweetens to Honey in the Cereral Fields
6. Footsteps Shimmer Silver in the Dew…
8.0