Lights On del terzetto americano Sanhedrin arriva come un fulmine a cielo aperto dopo altri due lavori molto validi quali The Poisoner e A Funeral For The World, a riportare per un momento alle radici quegli ascoltatori che hanno il bisogno di qualcosa che sappia di anni Ottanta senza emanare però quel fetore di stantio che spesso lavori dal gusto classico sprigionano rendendo sgomenti appassionati che volevano solo staccare dalla ricerca musicale che caratterizza gente come noi.
Ammettiamolo, da ascoltatori avidi e curiosi si va sempre in cerca di cose nuove e innovative, ma c’è sempre quel momento in cui arrivi a scoprire cose che definire aliene è un eufemismo. Personalmente io ci arrivo spesso, ed è proprio in questo genere di momenti che entro in stallo e bisogna fare molti passi indietro. I Sanhedrin soddisfano pienamente questa necessità: il classico ha sempre il suo fascino e Lights On non manca di far tornare coi piedi per terra grazie alle sue sonorità appunto classiche e soprattutto sobrie. Tutto molto semplice qui, senza artifizi di sorta, solo un bell’hard’n’heavy che può ricordare cose che mettono una certa nostalgia. L’ascolto di Lights On riporta la mente a lavori magnifici ed epocali come Spellbound degli immensi Tygers of Pan Tang in più occasioni, ma senza mai dare l’idea di copia sputata e non mancano riferimenti ai titani The Cult con l’intro di un bellissimo brano quale è “Lost at Sea” che richiama abbastanza chiaramente la bellissima “Rain” dall’album Love. È per me incredibile come la semplicità faccia parte di queste sonorità così intense: il settore strumentale è davvero minimale, conta chitarre con overdrive per niente compressi, nulla è compresso in Lights On, i riff e le soluzioni sono costruiti su una base blues e da qui erigono colonne di una durezza omogenea davvero concreta, ma a completare il tutto ci si mette Erica Stoltz, una cantante come si deve, in grado di far venire i brividi per quanto riguarda la trasmissione di sensazioni, una timbrica vocale intensa, piena di grinta e d’altri tempi. In otto pezzi la band riesce a mettere insieme una quarantina di minuti in cui si passa da un hard rock bello diretto e possente (“Code Blue”/”Hero’s End”) a un heavy metal dalle tinte britanniche (“Correction”) a una sorta di progenitore del thrash metal caro a Tygers Of Pan Tang e Diamond Head (“Scythian Women”, “Change Takes Forever”). Insomma un disco che offre poche ma bellissime emozioni da quando inizia a quando finisce.
C’è poco altro da dire, in sostanza è un lavoro nuovo, confezionato bene e che non sa di vecchio, ma allo stesso tempo che riporta dal passato tutta una serie di belle cose che oggi tendono a essere dimenticate e non parlo solo di sonorità, ma anche di soluzioni di esecuzione e di scrittura. Un album che può tranquillamente portare un giovane a interessarsi al rock da boomer, a volte serve anche questo. Lights On va a piazzarsi in quell’olimpo di lavori nostalgici che sono riusciti alla perfezione nel loro intento assieme a Rock & Roll is Dead degli Hellacopters, Erare Hymanum Est degli Hymans e molti altri.
(Metal Blade Records, 2022)
1. Correction
2. Lights On
3. Lost at Sea
4. Change Takes Forever
5. Code Blue
6. Scythian Women
7. Hero’s End
8. Death is a Door