Da un punto di vista meramente climatico questo non è il momento migliore per pubblicare un album di gothic/darkwave, ma i Murderbait se ne infischiano e nonostante il sole e le temperature tardo primaverili che ci stanno accompagnando ci fanno piombare in una fredda oscurità con il loro nuovo parto Nostalgia Like Cancer. Come avevamo potuto notare con il loro EP dell’anno scorso dal titolo When the Sun Goes Down, It Goes Down Forever, i Nostri fanno (apparentemente) opera di revisionismo andando a pescare nel calderone del gothic rock, post punk e darkwave e ispirandosi nemmeno troppo velatamente a band come Fields of the Nephilim, Christian Death, The Cure e Bauhaus, con una grandeur sontuosa ma allo stesso tempo sconsolata e dimessa, polverosa ed apocalittica. Avevamo concluso la recensione dicendo “il prossimo disco, se conserverà le caratteristiche di questo EP, sarà sicuramente un album di riferimento per le sonorità gothic rock“: ebbene, il gruppo di Portland ha mantenuto le promesse, ampiamente. L’album da loro appena pubblicato caracolla, ondeggia, striscia e anestetizza con sei bellissime tracce di lento e suadente gothic rock, dai tempi dilatati e dalle ritmiche medio basse, che ci mette forse un attimo a convincere, ma quando riesce ad arrivare al bersaglio strega e non abbandona più. Un po’ come un veleno a lento rilascio, ascolto dopo ascolto le sei litanie entrano nelle vene dell’ascoltatore, si diramano pian piano fino a farlo suo, ipnotizzandolo e stregandolo.
“Lost” apre le danze con delicate e sconsolate melodie sorrette da un drumming preciso, marziale, reminiscente dei Joy Division come dei primi The Cure, mentre tappeti di tastiere ammantano e ammorbano l’aria con fitte coltri di nubi che solo saltuariamente vengono squarciate da aperture dal sapore comunque nostalgico e malinconico. Su tutto la superba prova alla voce di Casey Logan, un oscuro crooner gothic che tiene vivo il pathos del pezzo toccando alte vette di pathos e coinvolgimento. La successiva “Between” assume caratteri quasi più da space-rock e psych-rock, merito forse delle chitarre che qui e là introducono arpeggi più liquidi, lontani e riverberati, ma è quando si tuffano a piene mani nel mondo darkwave, quando costruiscono sontuose e oscure cattedrali goticheggianti, che i Murderbait convincono pienamente: è il caso di “In Holy Violence”, quasi sette minuti di pura e lussuriosa delizia dark, un brano che fa delle atmosfere cinematiche e fumose il proprio cavallo di battaglia. Di questo tenore (ma un mezzo gradino più in basso) la successiva “Ghost”, mentre le atmosfere si fanno più pensive e rarefatte con la penultima traccia “The End Always Wins”, che apre il passo alla finale “Life Gets in the Way”, un ritorno in grande stile alle tanto amate cavalcate gothic e degna chiusura del disco.
Per fortuna il gruppo di Portland non ha deluso chi sperava in una loro conferma dopo il precedente EP. I Murderbait rimarranno probabilmente nell’ombra (non che ci stiano male visto il genere da loro proposto) e non sembrano essere molto interessati ad uscire dalla nicchia nella quale si sono volutamente rinchiusi. Ma è un peccato, meriterebbero di essere supportati al meglio vista la convincente opera da loro messa in piedi. Che, vogliamo sottolinearlo, non si limita ad essere un revival tout court: c’è la voglia di dare una propria interpretazione di un genere fin troppo sfruttato, c’è la voglia di convincere e di far emozionare, supportata da una indubbia padronanza della materia musicale. Un oscuro magma che viene di volta in volta da loro plasmato nelle forme delle nostre paure più nascoste e delle nostre insicurezze più radicate.
(Autoproduzione, 2022)
1. Lost
2. Between
3. In Holy Violence
4. Ghost
5. The End Always Wins
6. Life Gets in the Way