Quattro anni fa, i radar dei devoti perennemente puntati sulle galassie post-metal avevano colto un segnale inequivocabile in arrivo dal quadrante d’Albione: gas, nubi e polveri si erano condensate annunciando la nascita di una stella immediatamente riconoscibile per grandezza e luminosità, con un presente (Breaching) subito abbagliante e grandi premesse per ulteriori sviluppi. Purtroppo, il destino ha scelto nel frattempo di accanirsi sul viaggio degli Hundred Year Old Man e la notizia dell’improvvisa scomparsa del chitarrista Owen Pegg ha fatto temere che le ombre proiettate da una simile eclisse potessero spegnere per sempre la luce del debutto.
Fortunatamente, però, il combo di Leeds ha scelto di non arrendersi e si ripresenta con questo Sleep In Light, album che è innanzitutto un tributo all’amico scomparso fin dalla scelta del titolo, in cui rivive uno degli episodi della serie tv di fantascienza prediletta da Pegg, Babylon 5. Il palcoscenico cosmic/space diventa così il fondale su cui proiettare gli eterni opposti che caratterizzano l’umana esperienza terrena, a cominciare dalle inestricabili dicotomie vita/morte, presenza/perdita e disperazione/speranza, il tutto innervato da dosi massicce di visionarietà che prevedono l’intera gamma di passaggi intermedi tra la contemplazione e le allucinazioni. Come facilmente intuibile, considerati simili presupposti, il primo “incontro” dei Nostri è con la declinazione cinematografica della materia post di casa Cult of Luna e va dato atto al sestetto di aver seguito l’augusto modello a distanza di sicurezza, senza mai provare a clonare la lezione dei (peraltro difficilmente arrivabili) Maestri. Su un canovaccio intessuto di aperture melodiche che punteggiano atmosfere stranianti al limite della alienazione, allora, ecco che, da un lato, resta viva la lezione neurosisiana che aveva caratterizzato l’esordio e, dall’altro, prendono corpo riflessi liquidi di marca Isis e, al capo opposto dello spettro sonoro, tumultuose dissonanze di scuola Amenra. A completare un quadro già più che sufficientemente articolato, provvedono oltretutto anche consistenti spunti drone/ambient e qualche concessione all’effettistica, che, senza minare sostanzialmente la forma-canzone, contribuisce a sfumare i contorni dei brani, che risultano non di rado illuminati da una luce a tratti eterea ma più spesso obliqua e sinistra. Sull’altro piatto della bilancia, il versante muscolare è non meno presidiato, complice una sezione ritmica che non disdegna andature cadenzate che in più di un’occasione attraversano con ottimi esiti la frontiera doom, mentre una nota di merito particolare va attribuita alla prova al microfono di David Ashley Duxbury, che sfodera uno scream/growl più sabbioso che abrasivo con cui affronta con gran costrutto sia i tornanti più claustrofobici dei brani che quelli più “ritualistici” al limite del percorso iniziatico. Otto tracce per oltre ottanta minuti di ascolto complessivo, non si può certo dire che Sleep In Light possa vantare tra i suoi assi nella manica l’immediatezza della fruizione, ma tutto ciò che si perde in caso di approcci saltuari o discontinui viene ampiamente compensato qualora si proceda invece in modalità immersione totale, l’unica che consente di apprezzare appieno la forza dell’ispirazione e la cura dei dettagli, nonché lo sterminato arsenale di soluzioni che rendono unica praticamente ogni stazione del viaggio. Così, il trittico che apre le danze vale praticamente da solo il prezzo del biglietto, a cominciare dalle strutture monolitiche che giganteggiano per larghi tratti sull’opener “A New Terror” (ma attenzione allo stop and go di metà percorso, sorta di tunnel spazio-temporale da cui si esce proiettati in dimensioni parallele), per passare all’apparentemente innocuo avvio della successiva title-track, che si avventura però quasi subito in territori doom su cui Duxbury sparge coriandoli acidi che fungono da contraltari perfetti a pause del ritmo dove la band esalta la propria vena melodica. La terza perla della catena, “I Caught a Glimpse of Myself on Fire”, è probabilmente il vertice dell’intero lotto in termini di coraggio e dimostra la straordinaria maturità degli Hundred Year Old Man, capaci di spaziare da un altopiano di quasi poetiche contemplazioni ambient a un impianto tipicamente isisiano, per poi concedersi passaggi quasi magniloquenti al limite del liturgico, prima di abbandonarsi a un interminabile finale solcato da onde drone che sembrano davvero metterci in sintonia con quel rumore cosmico di fondo che la scienza indica come ultima, indelebile eco del big bang primigenio. Dopo quasi quaranta minuti di clamorosa e a volte titanica visionarietà, la seconda metà dell’album sembra orientarsi verso coordinate meno eroiche (la relativamente breve, strumentale “Seldom” segna anche fisicamente il confine tra le due parti), ma non per questo si assiste a un calo qualitativo della proposta, sia che si tratti della nervosa e acuminata “Honne” o della tormentata “Stone Sail”, senza dimenticare la crepuscolare “Monoamine”, sorta di colonna sonora ideale per qualche sonda che lanci gli ultimi segnali di vita prima di finire oltre le colonne d’Ercole del sistema solare. Ci si aspettava, comunque, un fuoco d’artificio su cui far calare il sipario e, infatti, non manca il bersaglio la traccia di commiato, “Livyatan”, impreziosita dalla partecipazione del terzetto svizzero E-L-R in un crescendo emozionale segnato indelebilmente da eleganza e raffinatezza di marca Alcest, a regalare un’ulteriore, preziosa freccia all’arco di un album che strappa applausi dal primo all’ultimo minuto.
Atmosfere dense e quasi irrespirabili, vuoti siderali in cui il Tempo perde il proprio potere, paesaggi desolati dove la vita conduce comunque la propria, coraggiosa battaglia pur sapendo di essere destinata alla sconfitta, Sleep In Light è il distillato perfetto delle potenzialità del post-metal quando è trattato da mani capaci e ispirate. Se con l’esordio di quattro anni fa avevamo intuito un possibile, grande futuro per gli Hundred Year Old Man, oggi è arrivata la conferma. Definitiva e clamorosa.
(Consouling Sounds, 2022)
1. A New Terror
2. Sleep In Light
3. I Caught a Glimpse of Myself on Fire
4. Seldom
5. Honne
6. Stone Sail
7. Monoamine
8. Livyatan