Gli Holy Fawn sono dei maestri nel mettere in musica quello che non c’è, nel rendere musicalmente tangibile l’intangibile. L’EP Realms ce li aveva fatti conoscere, il primo full Death Spells ci aveva fatto innamorare di loro, il secondo EP The Black Moon aveva fatto intravedere una faccia più intima e dimessa della band dell’Arizona, cosa aspettarci quindi da questo Dimensional Bleed? Tendenzialmente ci sentiamo di confermare che i Nostri hanno proseguito sulla strada del secondo EP, magari accentuandone alcuni aspetti ma in buona sostanza mantenendo inalterata la proposta.
Ma di fatto, cosa fanno gli Holy Fawn? Questi ragazzi rifuggono ogni classificazione: un momento puoi sentire nei loro pezzi la fredda rarefazione dei Sigur Rós dei primi tre lavori, ma quando i ritmi incalzano emerge il post-black metal etereo dei vari Alcest e Clouds Collide, che miscela sapientemente le nebbiose stratificazioni dello shoegaze con scream (pochi stavolta a dire il vero) ferali seppur persi e lontani come gelide folate di vento. Ci sono poi progressioni ritmiche ai limiti della darkwave, crescendo emozionali di chiara matrice post-rock e un lirismo quasi emocore. Da questo calderone emerge una proposta assolutamente unica e affascinante, che non ha molti emuli, che ricorda qualcosa di indefinito e al contempo acquista una propria forte e decisa personalità. Bisogna attendere il quarto pezzo, “Empty Vials”, per assistere alla prima vera esplosione di rabbia da parte del cantante Ryan Osterman, e quando questa arriva, ben oltre la metà del brano, interrompe un’atmosfera rarefatta costruita su un climax che pare essere stato concepito da dei múm più apocalittici e inquieti. A tratti sembra di muoversi nella nebbia, o di essere i protagonisti di alcune scene oniriche tratte da Vanilla Sky di Cameron Crowe: certe oscillazioni delle melodie, così sospese e talvolta impercettibili nei loro mutamenti, creano una condizione di alterazione catartica, di malinconia, un senso di assenza (passateci il gioco di parole) che è un po’ il filo conduttore dell’intero lavoro. Il cuore dell’album è la title-track, tre minuti scarsi intensissimi, feroci, così post-hardcore nel lanciare addosso all’ascoltatore un meteorite di dolore e rabbia. Dimensional Bleed recupera (per fortuna) anche alcune delle fortunate soluzioni messe in campo dal bellissimo Death Spells: le chitarre ipnotiche su tutto, che amano circuire e sedurre, piccoli rasoi che tagliano ma cauterizzano immediatamente, sottili strati di inquietudine che si inseriscono sottopelle e che crescono pian piano generando un senso di incertezza e insicurezza. E se il primo full poteva forse contenere alcune gemme di gran valore in grado anche di mettere in ombra gli altri brani, in questo disco i Nostri hanno reso l’esperienza emozionale più omogenea, meno immediata forse, ma alla lunga capace di avere lo stesso prorompente impatto. Stavolta si tratta solo di dare il tempo alla musica di maturare, caratteristica questa mutuata invece dall’EP The Black Moon, che viveva invece di toni più riflessivi e notturni.
Per fortuna gli Holy Fawn hanno scelto di far uscire questo album a settembre, alle porte di quelle che sono le stagioni più malinconiche e intime. Dimensional Bleed si nutre di sogni delicati e lontani, di angosce impercettibili, di quelle malinconie che ti assalgono d’improvviso e che non ti spieghi. Sarà il vostro fido compagno di camminate in parchi nebbiosi, calpestando foglie dorate salvo poi alzare lo sguardo ed emozionarvi nel vedere un raggio di sole che, a fatica, squarcia la nebbia e incendia un albero illuminandolo con i più bei colori che la natura sa regalarci.
(Wax Bodega, 2022)
1. Hexsewn
2. Death Is A Relief
3. Lift Your Head
4. Empty Vials
5. Amaranthine
6. Dimensional Bleed
7. Sightless
8. Void of Light
9. True Loss
10. Blood Memory