Folium Limina è l’interessantissimo debutto dei The Otolith, che, a ben leggere la line-up che compone la band, proprio dei novizi non sono. Tra i membri figurano infatti ex-componenti degli ormai disciolti SubRosa, un gruppo che è sempre stato incasellato un po’ a fatica nel doom metal, quello un po’ più esoterico e fuori dalle righe… Caratteristiche queste che i Nostri hanno riportato in larga misura anche in questo nuovo progetto, che vede coinvolti Kim Cordray, Levi Hanna, Andy Patterson, Sarah Pendleton e Matt Brotherton, autori di sei tracce che rievocano il doom dei SubRosa certo, ma anche accenni neo-folk dei Worm Ouroboros, progressioni post- che quando si fanno più aspre possono portare alla mente i Neurosis, gli Amenra nei loro aspetti più rituali o i Dead To A Dying World, mentre quando si spostano su lidi più dolci anche un certo post-rock più quadrato e matematico, il tutto unito dal filo conduttore del ritualistico e sacrale. Un bel calderone ribollente dunque, dal quale i The Otolith riescono a estrarre un distillato assolutamente coinvolgente ed evocativo.
I sei lunghi brani che costituiscono Folium Limina sono sei viaggi, sei percorsi introspettivi il cui (riuscito) obbiettivo è far perdere l’ascoltatore nei meandri di qualcosa che definire semplicemente “canzone” è riduttivo: la struttura dei brani è infatti talmente complessa (ma attenzione, allo stesso tempo anche accessibile) da trasportare chi ascolta in un mondo a parte, privo di coordinate, un “non-luogo” nel quale regna la catarsi e la “leggiadra pesantezza” (passateci l’ossimoro) che solo i Nostri riescono a trasmettere. Prendete un brano come “Bone Dust”, un teso crescendo nel quale i violini sono i padroni indiscussi, con una melodia tremolante che ondeggia tra il malinconico e il drammatico, per poi di colpo irrobustirsi, incattivirsi e collassare in un coacervo emozionante che nell’uso di voci fuori campo e registrazioni esterne ci porta alla mente i drammatici Suffocate For Fuck Sake. In quasi dieci minuti i The Otolith hanno attraversato uno specchio emotivo amplissimo, da un estremo sonoro ad un altro, e ci sono arrivati con naturalezza e senza strappi, tenendoci saldamente per mano fino alla fine. “Dispirit” vive di analoghi intrecci, ma se possibile va oltre da un punto di vista del pathos inserendo uno scream maschile che era già comparso in precedenza nel disco e che dona ancora più profondità e drammaticità al tutto. Siamo qui dalle parti dei già citati Dead To A Dying World, a parer di chi scrive maestri indiscussi nel miscelare in maniera unica certi elementi sonori arrivando a insoliti ed emozionanti picchi, cosa che i The Otolith riescono a fare con grande eleganza e stile.
Abbiamo citato due pezzi, in realtà tutte le canzoni costituenti Folium Limina andrebbero nominate per un motivo o un altro: partendo da una base comune ognuna di esse brilla di una luce propria e distinguibile, ognuna ha il proprio asso nella manica in grado di sorprendere, anche dopo più di un ascolto. Ma uscendo dalle descrizioni puramente musicali resta una costante, ossia la capacità innata e naturale della band di coinvolgere, di emozionare, di cambiare velocemente mood e atmosfere senza soluzione di continuità e anzi in maniera elegante e avvincente. Un disco che strega, un debutto che alla fine se vogliamo debutto non è, andando in parte a proseguire il discorso lasciato interrotto dai SubRosa, andando allo stesso tempo ad aggiungere nuove e interessanti pagine ad un libro che già di per sé si era dimostrato interessante e in buona parte unico nel panorama musicale. Bravissimi i The Otolith dunque, davvero una ventata di aria fresca nel panorama post-metal spesso e volentieri stagnante e saturo.
(Blues Funeral Recordings, 2022)
1. Sing No Coda
2. Andromeda’s Wing
3. Ekpyrotic
4. Hubris
5. Bone Dust
6. Dispirit