Forse sono io ad essere ossessionato da un certo tipo di pensare la musica, non escludo nulla; sta di fatto che album come questo degli SVIN rappresentano per me linfa vitale. Non riesco a non essere affascinato da tutto quello che va in una direzione che cerca di mantenere una propria identità fregandosene delle leggi di marketing imposte da un mercato discografico sempre più schizofrenico. Soprattutto oggi, dove la velocità della connessione non è tanto quella riferita alla trasmissione dei dati in entrata e in uscita dai nostri PC ma dal tempo sempre più ridotto che dedichiamo ad ogni nostra attività, sia online che purtroppo anche nella vita reale. E partendo proprio da questo concetto mi piace pensare che, con questo loro Introducing SVIN i danesi abbiano realizzato una sorta di manifesto che combatte proprio questa tendenza a saltare da un contenuto all’altro senza soffermarsi il tempo dovuto per assimilare quello che stiamo ascoltando.
Fermo restando che, dopo sette album, la loro capacità compositiva sia ormai tanto indubbia quanto innegabile, sento doveroso sottolineare come il nome degli SVIN sia oggi da accostare a quella nicchia di artisti che portano avanti un’idea di musica completamente scevra da condizionamenti esterni. Prova ne è quest’ultimo album, che riesce ad essere futuristico ma al contempo perfettamente e contestualmente contemporaneo. Per far felici quelli che vivono di definizioni, il loro è un disco di jazz rock cyber che attraversa i cambiamenti degli ultimi 50 anni partendo dalla sperimentazione degli anni Settanta per arrivare all’elettronica odierna. La loro più grande qualità sta nel riuscire a esplorare sonorità in costante cambiamento pur mantenendo una uniformità di fondo.
Il loro mix tra free jazz e psichedelia si rinsalda intorno a quel senso di contaminazione, sia etnica che sonora, come una fusion a livello mondiale, che si rende manifesta con la scelta di linguaggi quasi “rituali”. Non a caso più di una volta la mente, che viaggia libera, mi ha riportato indietro a certe cose degli AreA. Segno che il periodo musicalmente più intenso, creativamente parlando, ha finito per mietere vittime anche al di fuori dei nostri confini nazionali. Curatissimo in ogni suo aspetto, Introducing SVIN esce in una elegante confezione in vinile 12″ gatefold arancione trasparente, con grafiche di Ana Vujović, artista multimediale serba che ho avuto modo di vedere a Firenze qualche mese fa con la sua mostra Trying to grow wings. In definitiva un album postmoderno che guarda al passato, per alcuni delirante, ma che per me, che certe sonorità le cerco come l’acqua nel deserto, diventa fondamentale.
(Tonzonen Records, 2022)
1. Obelisk
2. From Within
3. Bøn (feat. Bisse)
4. Snake
5. Herbalism
6. Årring (feat. Kasper Tranberg)
7. Punklort (feat. Kasper Tranberg)
8. Deadweight
9. Dødsensangst (feat. Marie Eline)