Alla fine gli Heilung, come previsto, sono esplosi. Amati e venerati da moltissimi appassionati, nel giro di pochi anni i tre musicisti e menti del progetto sono entrati di prepotenza nel circuito che conta, guadagnando in popolarità. Complice sicuramente l’ondata “modaiola” che si è riversata improvvisamente sul mondo musicale grazie a compagni come Myrkur, Wardruna, Skuggsjá (ovvero Ivar Bjørnson degli Enslaved ed Einar Selvik), Lili Refrain, The Hu, Faun e tanti altri, il genere folk colto ritualistico dall’animo cinematografico ed ancestrale è ritornato in auge. Gli Heilung vengono riconosciuti come una delle promesse del genere sia per la comparsata nel meraviglioso film epico The Northman di Robert Eggers (seppure non il suo apice), sia per apparizioni in serie tv e videogiochi ed anche, ovviamente, per questo Drif (traducibile in adunanza) che esplora tematiche riguardanti la civilizzazione fuori dall’Europa.
Anche in quest’occasione si ripresentano strumenti arcaici costruiti a mano, cantato femminile, campane, suoni ambientali, voci gutturali e qualche leggero tocco elettronico. Ci si allontana ancora di più dall’ermetico e rigido esordio (Ofnir) seguendo la via del secondo album (Futha) votato ad una musicalità molto concettuale e più intellettuale fatta di atmosfere pagane e ricerca sonora votata a richiamare i tempi antichi che trova la massima forma nelle magnifiche e teatrali esibizioni live. Questo Drif è un album nuovamente anti commerciale composto ancor più da silenzi, andamenti lenti e dei crescendo che si prendono tempi molto lunghi prima di esplodere. È una concezione di folk estranea all’immediatezza che richiama maestri come Quorthon o Vratyas Vakyas, inserendosi in quelle venature della scena pagan oscura di colleghi tipo Summoning o Caladan Brood ma elevandole ad un livello superiore. La corale “Asja” è ammantata di una nera epicità ben bilanciata dall’etereo cantato femminile che raggiunge vette emozionali non indifferenti specie nella progressiva marzialità della seguente “Anoana”. Quest’opera si fa piano piano dilatata, ipnotica e ferocemente cupa, sviluppandosi in maniera velenosa (“Tenet” con il suo bellissimo coro finale) inserendo elementi ambient naturalistici (“Urbani”), riuscendo a tenere sempre avvinghiato l’ascoltatore nelle sue spire avvolgenti. Ci sono però dei passi falsi che minano l’ascolto: le tentazioni da “traccia narrata” trovano, di nuovo, preoccupanti riscontri nell’infinita e tediante “Keltentrauer”, traccia parlata dai toni cinematografici che perde clamorosamente pathos senza una componente visiva portando l’ascolto verso il baratro. L’andamento si fa poi incerto e ripetitivo (“Buslas Bann”), non riuscendo a sorprendere realmente seppure ci siano dei momenti eleganti e raffinati (la melodica “Nikkal” e la sussurrata “Marduk”) per non dire alti (l’imponente “Nesso” è l’apice dell’album), però si ha la sensazione che gli Heilung possano finire in un loop compositivo pericoloso che potrebbe rinchiuderli a vita se non si trova un modo per aprirsi a qualcosa di differente.
Drif è un album che vede la band fare un passo indietro confermando comunque le ottime qualità e potenzialità espresse nel meraviglioso Futha. Si faccia attenzione perché il rischio di immobilismo artistico è dietro l’angolo.
(Season of Mist, 2022)
1. Asja
2. Anoana
3. Tenet
4. Urbani
5. Keltentrauer
6. Nesso
7. Buslas Bann
8. Nikkal
9. Marduk