Il secondo album degli americani Tithe – a tre anni dal debutto Penance – trova la formazione un po’ meno ancorata al moderno hardcore/sludge degli esordi, concedendosi i Nostri più frequenti deviazioni verso scenari black o death, quasi aderendo ad una riscoperta degli stilemi classici della musica estrema. Non quindi un distaccamento dall’attualità dei loro generi d’elezione ma un rinnovamento ragionato, che unisce la malignità strisciante delle prime canzoni alla selvaggia forza che solo l’antico metal estremo porta con sé.
Blitzkrieg che uniscono la potenza del death metal all’impeto dell’hardcore più tecnico si alternano a fradicie suite blackened sludge per l’intero dipanarsi di Inverse Rapture, nera manifestazione che coagula – si veda la modesta parentesi storica sopra – tutti gli istinti più reconditi del metal. Anche se non sempre ispiratissimo, il lavoro è infatti estremamente viscerale ed istintivo (attenzione, non grezzo), ribollente di quell’interiorità arcaica che caratterizza tutti i veri lavori estremi: il riff sgranato dell’iniziale “Anthropogenic Annihilation”, l’insinuante giro di “Killing Tree”, che ritorna come un monito alla fine e all’inizio del brano, ma anche la furia cieca della nera “Demon” ne sono eloquenti esempi.
La sincera comunione tra istinti vecchia scuola e attualissimi innesti tra lo sludge e il black metal fanno di Inverse Rapture un album interessante sotto più di un punto di vista, nonostante il subdolo senso di monotonia che tenderà a presentarsi dietro al vostro cervello verso la seconda metà del disco. I riff principali non puntano infatti sull’originalità delle invenzioni e la struttura dei pezzi – anche se visto il vario minutaggio non si direbbe – tende ad omogeneizzarsi troppo. Per riassumere, un gradito ritorno che alza le aspettative per il futuro dei Tithe.
(Profound Lore Records, 2023)
- Anthropogenic Annihilation
- Inverse Rapture
- Demon
- Parasite
- Killing Tree
- Luciferian Pathways Of The Forked Tongue
- Pseudologia Fantastica