Quello dei Dor è un debutto interessantissimo, un progetto piuttosto unico o comunque assai particolare nel panorama italiano. Per sapere qualcosa di più su In Circle e quale sia stata la sua genesi abbiamo posto alcune domande alla band: ci ha risposto Francesco Fioretti, il fondatore del gruppo. Buona lettura!
Benvenuti su Grind on the Road ragazzi, è un piacere poter scambiare quattro parole con voi. In Circle è un disco che ci ha stupito, dotato di un’anima e di una personalità tutta sua, che magari prende spunto da altre entità musicali restituendo però qualcosa di onestamente raro nel panorama italiano. Complimenti!
Partiamo dalle basi: chi sono i Dor, come nascono?
Grazie a voi per averci invitati e per le belle parole, il piacere è nostro. Dor nasce come progetto solista nel 2019. Ho iniziato in quegli anni a scrivere e a registrare musica con una forte componente folk e weird, forte dell’appoggio di Sergio Pomante e del suo studio, oltre che del supporto del mio amico Mario Di Battista. Finalmente, dopo anni di eremitismo musicale e false partenze, siamo in vista dell’uscita del disco. La line-up si presenterà in quartetto, con me alle voci e alla chitarra, Alessandro Vagnoni (Bologna Violenta, Drovag) alla chitarra e ai synth, Mario Di Battista (Ulan Bator, La Mala Sementa) alle voci e al basso e Gabriele Uccello (Affluente) alla batteria e alla fisarmonica. In fin dei conti qualsiasi errore, se ripetuto con costanza, può diventare un atto legittimo, ed eccoci qui con il nostro debutto.
Parliamo un po’ nel dettaglio di In Circle. Le foto promozionali che abbiamo visto, così come la copertina scelta (“Il Volo delle Streghe” di Goya, N.d.R.) lasciano intendere una specifica ricerca e forse un concept preciso: volete darci qualche informazione in più?
Il concept è nato dalla lettura del romanzo Manoscritto trovato a Saragozza di Ian Potocki, opera che mi colpì profondamente. Le atmosfere grottesche e gitane della Spagna del ‘700 hanno fatto da sfondo all’elaborazione dei testi e delle atmosfere dell’intero disco. La copertina a cui ti riferisci era stata scelta per un legame, oltre che tematico, anche biografico. Goya infatti conobbe Potocki, e a lui è attribuito un ritratto dello scrittore polacco. Alla fine, sotto suggerimento di Marco Valenti (Toten Schwan) abbiamo optato per un lavoro più personale e meno didascalico. Il nostro chitarrista Alessandro Vagnoni si è occupato dell’artwork del cd, con una copertina che mescola folklore e vena carnevalesca, e del libretto, dove a ogni pezzo è stato dedicato un tarocco personalizzato.
(N.d.R.: al momento della stesura delle domande per l’intervista non era ancora circolata la copertina effettiva del disco, per questo abbiamo fatto riferimento ad una cover che poi nella versione finale non sarà presente)
Lo stesso nome della band, Dor, così come i criptici titoli scelti per le canzoni, hanno solleticato la nostra curiosità: volete fornirci qualche chiave interpretativa in più?
Dor è una parola della lingua rumena, intraducibile al pari della famosa saudade portoghese, che mescola un insieme di sentimenti contrastanti come la malinconia, la nostalgia, il desiderio di rivivere qualcosa che si è perduto. Ho pensato subito che fosse un nome calzante per un progetto musicale come il mio. Basti pensare a quante volte ci ritroviamo a provare una sensazione di sollievo nell’ascoltare canzoni o melodie tristi e malinconiche. Credo che uno dei tanti ruoli dell’arte sia quello di trasmutare la sofferenza in qualcosa che ci dia piacere estetico, che ci appaghi. Per quanto riguarda i titoli delle canzoni sono tutti legati a temi e personaggi del romanzo di Potocki, tranne per “Horowitz”, cognome di un pianista che amo, e “Acabondo”, parola inventata.
In Circle è un disco criptico, dal potenziale emotivo notevole, in grado di conquistare sin da subito se si ha una buona elasticità mentale in campo musicale: cosa vi ha spinto a creare qualcosa di così particolare?
Il processo di scrittura del disco è iniziato a marzo del 2021 ed è stato relativamente breve. Il processo di registrazione invece è stato portato avanti per un anno con più calma e ponderatezza, diventando a sua volta parte del processo creativo. La peculiarità del disco è dovuta anche dal contributo di diversi artisti che hanno aggiunto nuove sfumature a quella che era l’anima del progetto (parlo di Bruno Germano [Arto], Paolo Raineri [Ottone Pesante], Massimo Fava, Sergio Pomante [Pomante Music, The Break Beast, Sudoku Killer], Hugo Potenza). Nel processo di scrittura mi sono lasciato totale libertà nel rielaborare spunti letterari, musicali e cinematografici a me cari, anche a costo di risultare grottesco. Anzi, forse proprio facendo leva su questo.
Lungo le otto tracce che compongono questo disco abbiamo sentito echi di folk apocalittico, del dark folk di matrice americana, addirittura un incedere quasi gitano e cantilenante: come si è sviluppato il processo creativo che ha portato alla creazione di questi pezzi?
Non mi sono mai soffermato sulle ragioni alla base del mio processo creativo. Come dicevo le influenze sono state diverse e molte volte mescolate senza un vero criterio. Sicuramente un collante fondamentale che mi ha aiutato a mettere a fuoco il materiale è stato l’immenso lavoro del musicologo e gambista Jordi Savall, che ho ascoltato in maniera ossessiva nel periodo precedente alla scrittura di In Circle, insieme alle raccolte di live recordings di ballate e canti popolari di Alan Lomax.
Ci sono gruppi particolari che possono avervi influenzato? Personalmente avremmo sentito echi di The Black Heart Procession, Munly and the Lupercalians e Morose (i liguri), ma è un’opinione assolutamente personale e deviata da ascolti e interessi pregressi. Volete parlarci del vostro background musicale, e di come questo possa avervi in qualche modo portato al risultato finale che abbiamo avuto il piacere di ascoltare?
Sicuramente il disco 2 dei The Black Heart Procession è stato un lavoro importante per la mia formazione, mentre dovrò informarmi sugli altri due progetti che hai nominato, perché purtroppo non li conosco. Ad influenzare il disco, in maniera diretta o indiretta, sono stati i Black Ox Orkestar, i Silver Mt. Zion, i Neutral Milk Hotel e Mount Eerie per alcune scelte weird nella produzione, i This Heat su tutti per le voci e l’attitudine, i The Band, Daniel Kahn, i Sun City Girls, i Coil, i Laddio Bolocko, i Current 93… e direi di fermarmi qui.
Come siete entrati in contatto con Drown Within Records e Toten Schwan Records, che hanno poi prodotto il vostro lavoro?
Sono entrato in contatto con Cristian della Drown Within tramite il disco Last Sun dei Sedna, gruppo che apprezzo molto. Cristian poi ebbe l’idea di contattare la Toten Schwan per una coproduzione. Colgo l’occasione per ringraziarli entrambi, Cristian Franchini e Marco Valenti, per la stima e la fiducia nel progetto, oltre che per il loro sostegno.
Abbiamo già anticipato quanto il vostro album sia abbastanza raro nel panorama italiano. Ciò nonostante ci sono altri gruppi, magari a voi vicini, che vorreste segnalare ai lettori di Grind on the Road curiosi di conoscere maggiormente la scena dalla quale emergono i Dor?
Direi su tutti i Father Murphy, il mio gruppo italiano preferito, grande fonte di ispirazione. A seguire, anche se distanti dal nostro progetto, segnalo i lavori solisti di Egle Sommacal e Stefano Pilia, i Larsen, il Flavio Giurato di La scomparsa di Majorana.
Piccola curiosità finale: cosa recita la voce al contrario proprio all’inizio di “Horowitz”?
Come insegnano i grandi polizieschi, la soluzione del mistero è sempre minore del mistero stesso. Quindi preferiamo lasciarvi col dubbio.
Siamo giunti al termine di questa intervista. In Circle è un disco che ci ha stregato e sorpreso, un vero fulmine a ciel sereno, siamo stati felici di aver avuto la possibilità di parlarne, così come di poter scambiare quattro chiacchiere con voi sulla sua genesi. Volete dire un’ultima cosa e fare un saluto ai lettori di Grind on the Road?
Un immenso grazie a tutta la redazione di Grind on the Road da parte dei Dor, e un grazie a tutti i lettori che seguono e ascoltano musica indipendente. Grazie al vostro contributo e al vostro sostegno il fare musica può ancora essere un gesto libero e pregno di significato.