Nati nel 2014 dalle ceneri degli Omega Massif, i teutonici Phantom Winter escono in questo seconda parte di anno con Her Cold Materials e si confermano una band interessantissima in ambito blackened hardcore (soprattutto quello di scuola tedesca, quindi Downfall of Gaia, Ancst, Red Apollo ecc). Anche se, va detto, si tratta di un’etichetta un po’ forzata e che va loro un po’ stretta, meglio forse “winterdoom“, così come il gruppo definisce la propria proposta, tutto sommato un’etichetta abbastanza calzante. C’è chi per loro parla di sludge, chi di post-metal, chi di post-black metal: in questo lavoro c’è indubbiamente la rigidità del black metal, seppur con tempi tendenzialmente più rallentati, ci sono sì le possenti strutture del post-metal, ma c’è anche un’algida malinconia e mestizia di fondo tipicamente gothic, che si traduce in un sapiente uso di riff melodici a supporto di impalcature pesantissime, nere e tipiche del “post-“. A tratti ci sono echi di screamo, a momenti si ha la percezione di un’apocalisse imminente, con una desolazione in musica di ispirazione quasi Neurosis. I Nostri innalzano cattedrali in cupi e desolati boschi, con dei crescendo spaventosamente intensi e disperati memori di certe cose degli Swallow the Sun (se proprio di doom “invernale” vogliamo parlare) e chiaramente anche degli Omega Massif.
“Flamethrowers” è il primo singolo estratto, quasi dieci minuti annichilenti e disperati che culminano, intorno alla metà e dopo un break tesissimo, in una ripartenza solida e impetuosa, una batteria tellurica e delle chitarre taglienti a supporto di cori ed elettronica, con uno screaming lacerante per intensità: il tutto per tratteggiare uno scenario devastante nel suo impatto emotivo sull’ascoltatore che va poi a chiudere una traccia che, sistemata così in apertura, mette subito le carte in chiaro su cosa aspettarsi dal resto del lavoro. E statene certi, il tenore è lo stesso. “Her Wound is Grave” elabora ulteriormente le atmosfere “neurosisiane” riscontrate nel precedente pezzo, lavorando soprattutto sul filo della tensione, su quel “togliere per mettere” (ansia in questo caso) che collassa drammaticamente in un polverone post-black metal reso ancor più drammatico dalle semplici note di tastiera che qui e là punteggiano la seconda metà della canzone. L’uso del cantato in pulito è un’arma in più per i Phantom Winter, e la prova la possiamo trovare in “When I Throw Up”, che nell’approccio vocale vive di pulsioni quasi emocore impiantate su una costruzione post-metal reminiscente di certe cose dei We Lost the Sea (e scommettiamo che avrete i brividi quando sentirete i Nostri ripetere, disperati, “it doesn’t matter if we all die” quasi una reminiscenza dei The Cure periodo dark “puro” ). I successivi tre brani si confermano di altissimo valore, con i Phantom Winter che via via reintroducono i vari elementi finora presentati miscelandoli in formule diverse e mai banali, possibilmente accentuando nell’uso delle voci pulite la componente gothic rock e post-punk: notevoli in questo senso “Dark Lanterns” e la conclusiva “The Unbeholden”, forse la più feroce del lotto.
Che gran lavoro hanno tirato fuori i Phantom Winter! Her Cold Materials è un disco complesso che, speriamo di essere riusciti a spiegarlo, va a lambire più generi, molti dei quali appartenenti alla sfera del “post-”, ma non solo. E il bello è che questi ragazzi sono riusciti a sintetizzare il tutto regalandoci un album fresco e vivace (in termini puramente tecnici e strutturali, ben inteso), un’opera fredda, drammatica, a tratti funerea ma terribilmente intensa ed emozionante. Estremamente consigliato l’ascolto a volumi smodati.
(This Charming Man Records, 2023)
1. Flamethrowers
2. Her Wound is Grave
3. When I Throw Up
4. Shadow Barricade
5. Dark Lanterns
6. The Unbeholden