Tutto si può dire di Mathew McNerney a.k.a. Kvohst, musicista britannico e scandinavo di elezione da qualche anno, ma non che la sua personalità non sia variegata, sfaccettata, inquieta e quasi strabordante a livello musicale. Dopo una carriera che lo ha visto partecipare e lo vede partecipare a progetti anche importanti quali, tra i molti, Dødheimsgard, Code, Beastmilk e quindi Grave Pleasures (suo progetto principale tuttora), dal 2011 si è “imbarcato” nell’avventura Hexvessel, di cui appunto da poche settimane è uscito questo Polar Veil, sesto full-length che già dalla copertina (splendida opera del tedesco Benjamin König, ex Lunar Aurora) sembra volerci trasportare nel gelido inverno del Circolo Polare Artico. Le atmosfere del disco riescono, in qualche modo, a farci sentire glaciali refoli di vento e bene ci trasmettono sensazioni simili a quelle che si vivono leggendo alcuni passaggi di autori come Jo Nesbø o del compianto Stieg Larsson.
Kvohst, affiancato da validissimi musicisti finlandesi e da un trio di ospiti di tutto rispetto come Nameless Void degli statunitensi Negative Plane, Okoi dei Bölzer e Ben Chisholm, collaboratore di Chelsea Wolfe, lascia per questa uscita le sponde prima folk degli esordi e in seguito vicine a un certo prog agreste di stampo UK e sembra ispirarsi adesso al Burzum di Filosofem, ai Candlemass più intimisti e agli imprescindibili Black Sabbath. I tempi sono quasi sempre rallentati, doppia cassa e blast beat sono ridotti al minimo e le chitarre, spesso dissonanti, portano avanti arpeggi distorti o riff che lasciano note in sospeso sui quali si stende la voce bella, intonata e declamatoria del nostro McNerney. È, però, proprio sulla voce che mi sento di esprimere qualche riserva. Kvohst ha di certo una grande padronanza tecnica ed espressiva dei propri mezzi (può ricordare Garm quando cita cantanti crooner e confidenziali) ma, a mio avviso, sembra più concentrarsi sulla propria prestazione che sull’effettiva qualità del singolo pezzo. Ciò fa sì che l’album alla lunga suoni monocorde, piatto quando non addirittura noioso e arrivati alla fine non è con leggerezza che si preme nuovamente il tasto play. Ripeto, la voce è bellissima, riesce a “trasmettere” ma qualche coro, filtro se non addirittura qualche passaggio in scream o growl avrebbe arricchito Polar Veil di maggiore compattezza e coerenza. Sinceramente dispiace, perché le doti tecniche e compositive di Mat McNerney e degli altri Hexvessel sono ottime e questo si sente in due pezzi, oggettivamente bellissimi, come “Older Than The Gods” e “A Cabin In Montana” (titolo che non può non ricordare Panopticon). Il primo, dopo un’apertura che cita chiaramente i Candlemass dei capolavori Nightfall e Ancient Dreams, è caratterizzato da un riff portante melodico e sognante che funge da base a un ritornello dove, finalmente, compare un lontano, quasi timido, growl dell’ospite Okoi. Qua gli Hexvessel riescono a trasmettere tanto a livello emotivo, soprattutto nello stacco che porta poi alla conclusione della canzone. “A Cabin In Montana” si apre con un gelidissimo arpeggio che preannuncia un altrettanto gelido riff in plettrata alternata ispirato al black di metà anni Novanta e anche quì musica ed emozione riescono a combinarsi molto bene. Gli altri sei pezzi del disco non sono da buttare, intendiamoci, ci sono cose buone ma quello che sembra mancare, a mio modestissimo parere, è un’attenzione al risultato finale, al “concept” (anche se questo non è un concept album) che già dalla copertina creava ottime aspettative.
Kvohst ha composto e lavorato sulle idee da cui è scaturito poi Polar Veil nel suo studio casalingo, creato in una capanna di legno che lui stesso ha costruito e nella quale si è isolato da tutto e tutti. Come spesso accade in questi casi, l’opera rischia poi di essere inficiata da una certa autoreferenzialità che danneggia le buone, quando non ottime, intenzioni iniziali. E questo è un gran peccato, visto che pezzi come “Older Than The Gods” mostrano qualità indiscutibili e ispirazioni che i Nostri (in un futuro ci auguriamo meno isolato e più organico) dovrebbero sviluppare a fondo.
(Svart Records, 2023)
1. The Tundra Is Awake
2. Older Than The Gods
3. Listen To The River
4. A Cabin In Montana
5. Eternal Meadow
6. Crepuscular Creatures
7. Ring
8. Homeward Polar Spirit