C’erano una volta i SubRosa: dalle ceneri del loro scioglimento nel 2019 sono sorti i The Otolith, recensiti su queste pagine circa un anno fa, che vedevano tra le loro file Sarah Pendleton, Kim Pack e Andy Patterson. Mancava però un nome “grosso” all’appello: quello di Rebecca Vernon, al tempo voce e chitarra del gruppo “madre”, ma è bastato attendere un anno per avere tra le mani anche il suo debutto a firma The Keening, un progetto se vogliamo per certi aspetti non molto distante da quanto proposto dagli Otolith, ma per certi altri diametralmente opposto.
La Vernon ci regala quasi un’ora di musica delicata a cavallo tra doom, folk etereo, aperture melodiche, parentesi di musica da camera, e un generale alone pastorale, mistico e ancestrale. L’amore per le armonie caliginose e un approccio apparentemente meno complesso e avantgarde rispetto alla band della Pendleton & soci rendono questo Little Bird più di impatto immediato nella sua totalità, più emozionante e coinvolgente, tutti elementi che alla fine anche Folium Limina si portava a casa, solo ci metteva un po’ più tempo. The Keening è doom nelle cadenze rallentate, tragiche ed atmosferiche, con un ampio uso di archi e pianoforte a sorreggere e allo stesso tempo a dare profondità alle storie raccontate da Rebecca Vernon: la cui voce, ve lo anticipiamo, è tra le più belle sentite in questo 2023, con un timbro caldo, setoso, cullante ma allo stesso tempo potente ed impetuoso quando serve, già da solo vale il prezzo del biglietto. Una sensibilità romantica tipicamente albionica anima le sei canzoni di Little Bird, dei tunnel spazio/tempo che ci trasportano in mondi lontani, magici, incantati e vagamente torbidi e gotici, dai colori tardo autunnali, malinconici come un tramonto di fine ottobre spazzato da un freddo vento presagio dell’inverno in arrivo. Eppure sembra esserci speranza, la dolcezza delle melodie di The Keening è consolatoria e rassicurante sebbene tutto intorno sembra prepararsi alla burrasca. Ci sono poi momenti al limite del lisergico e dello psichedelico, lascito forse dei SubRosa, e un sottile filo rosso dal sapore naturalistico, pastorale come già anticipato in apertura, che in certe situazioni ci ha portato alla mente i primissimi Agalloch. Little Bird vive di sensazioni contrastanti, di saliscendi emozionanti ed emotivi che trovano il loro apice in brani come “Eden”, nella doppietta di “The Hunter” (bellissimo lo stacco umorale che anima tutta la seconda parte di “The Hunter II”), e in “The Truth” (il pianoforte e le chitarre in apertura ci hanno ricordato tanto gli Agalloch di Pale Folklore): proprio quest’ultima canzone, piccola suite da 17 minuti, chiude Little Bird sintetizzando e restituendo in un’unica soluzione tutti gli elementi che caratterizzano la poetica musicale della Vernon. Una cavalcata epica in grado di toccare le corde più nascoste e intime del vostro cuore, un brano nel quale la voce della cantante stupisce per potenza e intensità non perdendo mai di tono pur variando più volte i colori della tela.
Little Bird è un grandissimo debutto di una grandissima Artista. Apparentemente semplice da approcciare, questo disco rivela ascolto dopo ascolto una profondità inaspettata, un binomio dolcezza-forza che stupisce sempre più ogni minuto che passa lasciando l’ascoltatore in uno stato catatonico, inebriato da una marea costante e incessante di emozioni messe in musica in maniera magistrale da The Keening. Bentornata Rebecca, ci sei mancata.
(Relapse Records, 2023)
1. Autumn
2. Eden
3. Little Bird
4. The Hunter I
5. The Hunter II
6. The Truth