Sono passati quattro anni dall’ultimo full-length a firma Monastery (il progetto solista di Robb Kavjian dei 1476), quel The Garden Of Abandon dichiaratamente ispirato dall’arte dei Preraffaelliti. Poi un silenzio interrotto solo da un EP, Dream Weapons (Vol. 1) che da una parte riprendeva il filo interrotto nel precedente lavoro, dall’altra introduceva degli elementi interessanti che troviamo finalmente sviluppati a dovere in questo Black Moon Paeans.
Non poteva esserci momento migliore per fare uscire questo disco: ottobre, il mese di Halloween, è il teatro adatto sul quale far andare in scena lo spettacolo del buon Kavjian, quasi quaranta minuti di dungeon synth/elettronica/dark ambient che abbandonano di fatto le atmosfere da sogno e primaverili di The Garden Of Abandon per imboccare sentieri freddi, quasi invernali, tortuosi e lugubri. Le raffigurazioni eteree e dolci sono state sostituite da algide spirali vagamente inquietanti che riportano alla nostra mente le colonne sonore dei classici dell’horror (qualcuno ha detto John Carpenter?) e la letteratura romantica gotica del XIX secolo: un momento stiamo percorrendo umidi e freddi corridoi di cripte medievali illuminate da una fioca luce, un attimo dopo ci aggiriamo per sporche vie urbane dove occhi lontani paiono osservarci dalle finestre socchiuse e ombre fuggono al nostro passaggio. Solo in un momento riprendiamo per un attimo quel mood notturno, nebbioso e soffuso che animava la seconda parte di The Garden Of Abandon: “Lilith & The Ocean At Night“, canzone centrale nonché la più lunga delle sei, dà vita ad un mondo fatato, notturno sì ma non inquietante come quelli fino a quel momento messi in scena da Monastery in Black Moon Paeans. Certo, c’è sempre un filo di tensione che aleggia, ma le atmosfere paiono rilassarsi quando ci si abbandona alle melodie pastorali, tribali e sognanti che caratterizzano la seconda parte della canzone. Il commiato, affidato a “Like Static In The Mist”, pare riprendere in parte queste sonorità aggiungendo se possibile un sapore maggiormente meditabondo e riflessivo, chiusura con stile di un disco forse un po’ breve, ma assolutamente soddisfacente.
Monastery ha dato alla luce il gemello oscuro di The Garden of Abandon, lavoro che a tutt’oggi si conferma il più ispirato e completo della discografia del Nostro, forte anche di una lunghezza e di una complessità che stavolta sono mancate. Robb Kavjian ha puntato al sodo, incupendo le atmosfere, puntando maggiormente sul lato spettrale e buio, appesantendo i toni e dedicandosi più al versante “dark” della sua proposta elettronica. Ciò nonostante abbiamo tra le mani un disco ricco di spunti, che potrà soddisfare i palati di coloro che sono avvezzi alle sonorità dungeon synth e dark ambient. Un appunto conclusivo va rivolto infine alla scelta dell’artwork, che stavolta pesca a piene mani dall’espressionismo di Munch: mai scelta fu più azzeccata. Kavjian ha un grande gusto estetico e un’innata facilità nel trovare ispirazione per la sua musica nell’arte pittorica, al punto che non si sa da che parte sia partito il processo creativo, se dal dipinto o se dal concept musicale. Sta di fattto che in certi momenti l’inquietudine e l’angoscia serpeggiano in maniera assai tangibile, e gli incubi del pittore norvegese paiono essere lo sfogo più diretto e naturale alle pulsioni oscure di Monastery. Un ascolto di Black Moon Paeans con tra le mani le immagini dei dipinti che il Nostro ha deciso di accompagnare ad ogni canzone è dunque assai consigliato per avere un’esperienza sensoriale maggiore e più completa.
(Seraphim House, 2023)
1. Sidereal Stations
2. Ashes
3. Catacomb Hymnal
4. Lilith & The Ocean At Night
5. Dead Radio Communiqué
6. Like Static In The Mist