Le Ragana sono un duo tutto al femminile che si divide tra Olympia (Stato di Washington) e Oakland (California), composto dalle polistrumentiste Coley e Maria, che in questo Desolation’s Flower (ma anche nei precedenti lavori) si scambiano continuamente le parti per dare alla luce il loro “queer antifascist black metal/doom”. Una definizione pesante che trova ampia spiegazione nei testi delle Nostre, animati da un forte senso di rivalsa sociale dei movimenti LGBT, di rivolta politica, ma anche riflessione profonda su temi come dolore, morte e rinascita. Musicalmente tutto questo si traduce in sette tracce di, appunto, blackened doom metal diretto, senza fronzoli, selvaggio e viscerale, reso ancor più vivo da uno screaming disperato e sofferente.
Già con i primi due pezzi, la title-track e “Woe”, ci balzano alla mente i nomi di Addaura, Sadhaka e Altar of Plagues, con i primi due che condividono con le Nostre anche provenienza geografica oltre ad un sostrato ai limiti del punk hardcore nel modo in cui viene affrontata la materia musicale. I collegamenti con la scena cascadiana si allargano ulteriormente se esaminiamo come le Ragana sviluppano i loro brani, così avvolgenti e sciamanici: non è un caso che il nome della band significhi “strega” in lituano, e che le ragazze cerchino di veicolare con la loro musica pensieri e immagini che magari sono sempre stati davanti ai nostri occhi, solo coperti da un velo che le Nostre lacerano in brandelli sanguinanti. Ma attenzione a bollare le Ragana come semplice band black metal/doom: sono presenti delle componenti screamo e quasi midwest emo che si affacciano in maniera prepotente qui e là nel lavoro, e che mutano completamente il registro non solo delle canzoni nelle quali sono usate, ma anche dell’album stesso. L’intensa “DTA” (Death to America, N.d.R.) si apre proprio con delicati e riflessivi arpeggi accompagnati da una voce in clean che già aveva fatto la sua comparsa nell’altrettanto disperata “Ruins”, ma i rumori di una rivolta di strada ci riportano immediatamente al sound duro, selvaggio e sanguigno di Desolation’s Flower. Per fortuna il clean e l’acustico non sono degli esperimenti relegati a questo pezzo, ma vengono riproposti con successo in tutta la seconda metà dell’album, finanche a riecheggiare pulsioni quasi noise e grunge novantiane in “Pain” e nella prima parte di “In the Light of the Burning World”, che ben si sposano con atmosfere di matrice di nuovo cascadiana e memori di certe cose dei primi Wolves in the Throne Room.
Desolation’s Flower ci ha messo a disagio, ci ha stupito, ci ha emozionato e ci ha conquistato. Le Ragana non sono facili da digerire, sia per le tematiche trattate che per il linguaggio musicale usato, ma se avete familiarità con il Cascadian nelle sue sfumature più hardcore, con il black metal dalle ritmiche martellanti alternate a pause riflessive e costruttive di matrice doom, con lo screamo e, perché no, con l’emo più malinconico e con la scena grunge statunitense, allora questo lavoro potrebbe fare al caso vostro. In generale ci sentiamo di consigliare il disco a mani basse, tale è la forza emotiva che sa sprigionare e che, ne siamo certi, vi avvolgerà e vi conquisterà. In ogni caso abbiamo tra le mani una bella boccata d’aria fresca, un lavoro che non si merita di passare inosservato e sotto i vostri radar.
(The Flenser, 2023)
1. Desolation’s Flower
2. Woe
3. Ruins
4. DTA
5. Winter’s Light Pt. 2
6. Pain
7. In the Light of the Burning World