Dopo una pausa di diversi anni Zombi, il duo formato da Steve Moore e AE Paterra torna a far parlare di sé, e lo fa con un album (giustamente) ambizioso che non fa altro che sublimare l’attesa che lo ha preceduto. Quattro anni che svaniscono immediatamente non appena partono le prime note di “Direct Inject”, brano di apertura che dà anche il titolo al disco. Per l’occasione ai due si sono aggiunti Jeff Gretz (Zao, From Autumn To Ashes) alle percussioni e Phil Manley (Trans Am) alla chitarra, in modo da impreziosire ulteriormente la proposta.
L’album, incentrato come da tradizione sul gioco dei synth che riescono a creare contemporaneamente melodie accattivanti e groove ipnotici, questa volta racconta di una gestazione atipica. È lo stesso Moore a spiegarcelo, nel momento in cui ci svela come le sessioni di registrazione siano avvenute contemporaneamente, di persona, nella stessa location, anziché da remoto, come erano soliti fare a partire dal 2015. Spiegandoci anche come si tratti di materiale quasi totalmente composto per l’occasione con lunghe sessioni di improvvisazione, tranne le due “Sessuale I” e “Sessuale II” che appartengono invece al periodo a ridosso del 2000. Direct Inject si caratterizza per un sound che risulta essere quanto di più accostabile ad una colonna sonora horror del decennio che va dalla fine dei Settanta a quella degli Ottanta. Il tutto ovviamente ricontestualizzato al giorno d’oggi, senza perdere però quell’ingenuità e quell’approccio conseguentemente libero che riportano la mente a quel periodo in cui le pellicole di genere hanno fatto la storia, soprattutto del cinema italiano. Non a caso la scelta del nome del duo non può non richiamare quel Dawn of the Dead del 1978 di George A. Romero (Zombi nella traduzione italiana per le sale cinematografiche) passato alla storia anche per la colonna sonora ad opera dei Goblin insieme a Dario Argento.
Un album che sembra fatto apposta per creare delle immagini e, conseguentemente, lasciare che le nostre menti si adattino al viaggio neuronale. Pur essendo, come detto, intimamente legato ad una costruzione synth-oriented, il disco riesce ad essere decisamente vario, e mostra un approccio arioso che si apre in una molteplicità di soluzioni, tutte perfettamente contestuali al disegno di insieme. In estrema sintesi possiamo pensare a Direct Inject come ad un album analogico per menti digitali(zzate).
(Relapse Records, 2024)
1. Direct Inject
2. So Mote it Be
3. Bodies in the Flotsam
4. Kamichi & Sandy
5. Sessuale II
6. Improvise Adapt Overcome
7. The Post-Atomic Horror
8. Insurmountable Odds
9. Sessuale I