Non ci si aspettava il ritorno dei norvegesi Lumsk, eppure è successo dopo ben sedici anni dall’ultima fatica discografica. La compagine nordica, nata nel 1999, riappare quindi con il nuovo e quarto album (un doppio per la precisione) intitolato Fremmede Toner che vede in primis due novità ossia l’ingresso in formazione della nuova cantante Mari Klingen e il chitarrista Roar Grindheim. Il disco riprende da dove l’ultimo Det Vilde Kor aveva lasciato, ovvero un folk nordico, decisamente malinconico, mescolato con innesti sia prog rock che metal allontanandosi sempre di più dagli esordi folk metal di Åsmund Frægdegjevar e Troll. Questo Fremmede Toner prende il nome da una raccolta di poesie del compositore norvegese André Bjerke: tale raccolta è incentrata sulla traduzione in norvegese di famose poesie sia europee che americane ad opera di autori come Nietzsche, Goethe e Swinburne. L’album si basa su ciò creando una componente sonora che rispecchi la versione norvegese delle poesie.
Descrivere i Lumsk non è del tutto immediato data la complessità della proposta che potrebbe ricordare in parte quella spigolosità tipica di colleghi come Madder Mortem, The Third and the Mortal o In The Woods… tanto per citarne alcuni. Qui la componente metal è ulteriormente ridotta all’osso (“Det Døde Barn”, la drammatica “Das Tode Kind” o la tronca “Avskjed”), lasciando spazio ad un mix di eleganza vocale, intermezzi atmosferico/orchestrali ed ovviamente tanto folk anche se comunque viene dosato parecchio. Successivamente il disco prende alcune diramazioni che, seppure non sorprendano, sono forse le più convincenti mai sentite fino ad’ora, pregi e difetti inclusi. Il progressive rock settantiano non poteva mancare ed ecco fare bella mostra di sé nel jazz danzereccio di “En Harmoni” (con qualche incursione chitarristica alla Opeth/Leprous), nell’affresco sotto il nome di “Under Linden” (bellissimo il volo vocale), nel prog metal di “Under Der Linden” o nella dinamica “A Match” con i suoi imponenti muri di chitarre. Seppure permanga un certo modo “chiuso” di comporre, che rende l’ascolto molto ostico, la band è perlomeno riuscita a trovare un modo per non risultare troppo cerebrale e ne fanno un buon esempio le tracce più lunghe (“Dagen Er Endt” e “The Day Is Done”) che condensano al meglio parti strumentali elaborate, esplosioni epiche e melodie fiabesche senza risultare noiose o eccessivamente ricche.
In definitiva l’album segna dei decisi miglioramenti nel songwriting e riesce a non essere fine a sé stesso aprendosi al mondo.
(Dark Essence Records, 2023)
1. Det Døde Barn
2. En Harmoni
3. Avskjed
4. Under Linden
5. Fiolen
6. Dagen Er Endt
7. Das Tode Kind
8. A Match
9. Abschied
10. Under Der Linden
11. Da Veilchen
12. The Day Is Done