Coagulated Bliss è probabilmente l’album grindcore più pop che abbiate mai ascoltato, una cornucopia di ibridazioni del genere che spazia dall’elettronica al doom, in un turbinio di stimoli e assalti sonori, dalla violenza molteplice riprodotta eccellentemente nell’artwork di Brian Montuori. Il nuovo lavoro dei Full of Hell, sesto sulla lunga distanza per la band di Ocean City e seguito dell’acclamata collaborazione coi Nothing, vede i Nostri muovere i propri accampamenti fuori dall’oasi del death e del noise che finora li aveva ospitati e insediarsi – seppur con riserva – un po’ più in là, verso l’inesplorato deserto del rock e del pop.
Le prime, ariose, sorprendenti note di “Half Life of Changelings” lasciano a bocca aperta qualsiasi conoscitore dei FoH: divagazioni screamo accompagnano l’intero brano, addolcendo in modo inatteso lo stupro acustico che i nostri mettono – in ogni caso e inesorabilmente – in atto come da copione. La freccia viene purtroppo scoccata e l’arco rimane teso per troppo poco tempo, e le successive tracce ci riportano al deathgrind dei ben noti FoH di Trumpeting Ecstasy, senza intoppi e scossoni fino all’eccezionale industrial sibillino di “Fractured Bonds to Mecca”, ricchissimo di atmosfera e sperimentazione, indietro fino alla micidiale doppietta in collaborazione con i The Body. Ulteriore, notevole sperimentazione quella di “Bleeding Horizon”, il cui doom esasperante, che ricorda le esplorazioni dell’ultimo album dei The Acacia Strain, porta agli estremi il lavoro di massiccia contaminazione col noise iniziato con Garden of Burning Apparitions tre anni fa. L’ultima botta di novità, in un album che più che un full-length vero e proprio è, come ben ci hanno abituati i FoH, una lunga e strutturata canzone, è rappresentata dai toni nostalgici di “Malfromed Ligature”, le cui trombe salutano l’ascoltatore che sia sopravvissuto alle vorticose e nere acque di vetro e ferro di cui sempre ridondano i lavori dei Nostri.
Mantenendo come costante della propria opera la violenza sonora più estrema, che qui spazia dai muri di chitarra e batteria di “Gasping Dust” all’inquietante carnevale di “Schizoid Rupture”, giocando con math, grind e hardcore come The Dillinger Escape Plan e Human Remains prima di loro, i Full of Hell riescono per l’ennesima volta a stupire, inventandosi rockettari con un piglio pop in alcuni brani e dando un nuovo taglio, brioso, scanzonato e cazzaro, a quell’ammasso di merda, sangue e metallo che è da sempre la roba che fanno. Mentre l’intenzione traspare tutta, la realizzazione lascia a bocca asciutta più di una volta, mostrandosi solo di sfuggita attraverso la patina, stratificata con gli anni e oramai coriacea, dell’abitudine dei Nostri a fare tutto nel modo più incazzato e diabolico possibile. I brani più riusciti del disco risultano così non quelli in cui l’ibridazione di nuovi generi, lontani da quello d’elezione, dovrebbe essere maggiormente evidente, ma quelli più strani – si veda sopra per “Fractured Bonds to Mecca” o quelli più “classici” e meglio realizzati, come la folle “Schizoid Rupture”, che urla “FULL OF HELL!” a ogni nota. I “nuovi” Full of Hell potevano forse portare i propri cammelli un po’ più lontano dall’acqua, e l’album non è il Wolverine Blues del grindcore che tanti (chi vi scrive per primo) si attendevano, ma Coagulated Bliss, nella sua multiforme opulenza di suoni e voci, si assesta comunque come una pietra miliare del già di per sé folle genere a cui appartiene.
(Closed Casket Activities, 2024)
1. Half Life of Changelings
2. Doors to Mental Agony
3. Transmuting Chemical Burns
4. Fractured Bonds to Mecca
5. Coagulated Bliss
6. Bleeding Horizon
7. Vomiting Glass
8. Schizoid Rapture
9. Vacuous Dose
10. Gasping Dust
11. Gelding of Men
12. Malformed Ligature