Quando non riesco immediatamente a inquadrare un album è segno che ho finalmente trovato quello che stavo cercando. I DJIIN, quartetto bretone arrivato oggi al loro quarto disco hanno da subito stuzzicato la mia frenetica voglia di perdermi tra i solchi di un album, senza la fretta di dover per forza tornare indietro a rincorrere il nulla delle mie giornate. Mirrors è infatti un autentico caleidoscopio di suoni, di immagini e di coloratissime sensazioni audiovisive in grado di attirare l’attenzione di tutti coloro che sentono forte la necessità di immergersi in un mondo immaginario che alieni la realtà circostante.
Quello che abbiamo tra le mani è un album dalla forte connotazione psichedelica, a tratti davvero lisergica, libera e sfrontata, e quindi praticamente impossibile da codificare. Se è vero, come sostengo da sempre, che tutto quello che non capiamo o che non riusciamo a rinchiudere in una manciata di termini, in modo da renderlo inoffensivo, finisce per farci paura, un lavoro come quello dei DJIIN, per me gradevolissima compagnia, non ho alcun dubbio che per molti altri possa suonare ostico se non terrificante.
Mistico, sensuale e trascendente, come uscito da un rituale semitico ufficiato da popolazioni che si perdono a cavallo tra il vicino oriente e il nord Africa, il disco non ha nulla da invidiare a nomi illustri del presente e del passato, non a caso insieme alla Klonosphere troviamo la Season of Mist, etichetta che quando c’è da fare le cose sul serio non si perde in chiacchiere. In estrema sintesi possiamo inquadrarlo come il suono di un universo quanto mai distante dal nostro, un universo in cui non è per nulla facile calarsi, ma che garantisce, una volta entrati in connessione con l’energia che scaturisce dai brani, un viaggio senza ritorno tanto affascinante quanto travolgente.
(Klonosphere Records, Season of Mist, 2024)
1. Fish
2. Mirrors
3. (In the aura of my own) Sadness
4. Blind
5. Iron Monsters