Questa è forse una delle recensioni più ardue da dover scrivere quest’anno. L’improvvisa scomparsa di Steve Albini è una tragedia incommensurabile nel mondo dell’underground musicale, per milioni di motivi che non stiamo qui a elencare. Già milioni di condensatori da tastiera si sono caricati e scaricati per poter imprimere digitalmente i pregi e i difetti di un personaggio cardine della musica che amiamo. I contributi del Nostro al mondo della musica sono innumerevoli, sia per quanto riguarda il lascito compositivo sia per quanto riguarda, soprattutto, la produzione di moltissimi dei dischi che hanno fatto da colonna sonora nelle vite di tutti noi, il tutto mantenendo una coerenza, una competenza e una purezza che raramente trovano eguali nell’industria discografica odierna.
Fatta la doverosa chiosa andiamo quindi a parlare di To All Trains, a questo punto vero testamento funebre della creatura di Steve Albini. Scrivendo di questo lavoro si rischia di far passare una recensione per un inevitabile omaggio al producer americano e quindi di renderlo più bello di ciò che è. Ma a prescindere da tutto è effettivamente un bell’album, indubbiamente un altro capitolo degno di nota nella discografia degli Shellac, summa di ciò che sono stati negli anni i tre americani: rasoiate chitarristiche analogiche e asciutte, ritmiche ossessive, il granito bassistico di Bob Weston, gli stop & go di Todd Trainer, sarcasmo a non finire e irriverenza totale nei testi. Non fosse successo ciò che è successo avremmo parlato di questo lavoro come di una piacevole e godevole conferma del precedente Dude Incredible che, francamente appare più artisticamente completo e ispirato di To All Trains che è d’altro canto tremendamente più diretto e sintetico, dandoci una estremizzazione di ciò che appaiono gli Shellac nella seconda decade dei Duemila. To All Trains è esteticamente abrasivo, conciso e senza fronzoli fin dalle prime note di “WSOD” e fa quello che deve fare: distruggere e dare mazzate sonore. Poco meno di mezz’ora di schiaffi sonici che ben simboleggiano un eccellente insieme di composizioni che, a questo punto, sono il miglior modo di ricordare una delle più grandi rock band anti-sistema dei nostri tempi.
Consigliamo dunque di ascoltare To All Trains tutto d’un fiato data la sua durata esigua spalmata su dieci tracce. Ciò rende un track-by-track abbastanza inutile, volendo enfatizzare il ruolo che assume tale lavoro nella discografia degli Shellac: l’ultimo lascito di una delle menti più singolari del panorama rock mondiale. Riteniamo infine più opportuno chiudere questo articolo con un estratto, col senno di poi altamente ironico e rappresentativo, di ciò che pare essere un commiato adeguato nel contesto della poetica tipica degli Shellac, tratto dalla traccia conclusiva del lotto “I Don’t Fear Hell”:
Leap in my grave like the arms of a lover
If there’s a heaven, I hope they’re having fun
Cause if there’s a hell, I’m gonna know everyone
Qual miglior epitaffio se non questo, là dove inevitabilmente vanno a finire tutti i treni?
(Touch and Go Records, 2024)
1. WSOD
2. Girl From Outside
3. Chick New Wave
4. Tattoos
5. Wednesday
6. Scrappers
7. Days Are Dogs
8. How I Wrote How I Wrote Elastic Man (cock & bull)
9. Scabby the Rat
10. I Don’t Fear Hell7.0