Dopo diciassette anni di carriera e otto full-length alle spalle non è facile riuscire a dire ancora qualcosa di nuovo, soprattutto in un campo musicalmente saturo come quello del black metal atmosferico. Eppure gli inglesi Winterfylleth, opera dopo opera, riescono sempre ad aggiungere qualche tassello in più, un quid in grado di rendere ogni lavoro in qualche modo distinguibile seppur costruito su fondamenta ormai solide ed accertate. Il presente The Imperious Horizon si configura come un disco gelido, feroce e drammatico, in grado di unire la fierezza battagliera e titanica dei primissimi lavori (The Mercian Sphere e The Ghost of Heritage) con le atmosfere più fredde, quasi sospese e brumose, un inno quasi alla potenza della Natura riscontrate di The Dark Hereafter. Si tratta di un’opera che suonerà familiare ai fan della band, che magari non servirà a convincere nuovi adepti che fino a quel momento non avevano gradito il suono dei Nostri, ma che saprà lo stesso suonare fresca, avvincente e a tratti commovente come forse non era stata la precedente fatica del gruppo.
La breve apertura strumentale affidata a “First Light” è un po’ un sipario che si apre sulla copertina scelta per il lavoro, che incarna perfettamente le caratteristiche enunciate poco sopra, quel cipiglio aspro e tagliente ma allo stesso tempo ammantato di grandeur naturalistica di grande impatto. E due momenti su tutti traducono in musica questi tratti precisi, ossia la title-track e la successiva “In Silent Grace”. Il primo brano vede il furioso black dei Nostri aprirsi, alla metà del pezzo, in una gloriosa e potente parentesi evocativa, che si fa inizialmente pensosa per poi rilasciare sul finale tutta la sua potenza, in un climax da brividi sicuramente tra i più avvincenti dei Winterfylleth. La canzone successiva vede invece la gradita ospitata di AA Nemtheanga, cantante degli irlandesi Primordial. Personalmente chi scrive aveva sempre sperato in una collaborazione di questo tipo vista la particolare e drammatica inflessione vocale del singer sopracitato, che ben si sarebbe adattata allo stile degli inglesi. E per fortuna “In Silent Grace” non tradisce le aspettative: è un pezzo dalla cadenza lenta, sommessa e fiera, che si crogiola in atmosfere titaniche e possenti, incredibilmente evocative e pregne di pathos. C’è pane per i denti anche per coloro che (incluso il sottoscritto) hanno amato alla follia The Hallowing of Heirdom: “Earthen Sorrows” pare ripresa direttamente da suddetto disco, una breve parentesi pastorale e rilassata, un peregrinare tra dolci campagne o, ispirandosi alla copertina, un’alba finalmente libera dalle nubi e dal vento pungente, con un sole che riscalda un po’ per un momento di pace seppur di breve durata. Abbiamo citato solo tre brani ma la qualità dei restanti è comunque molto elevata, con pezzi che, chi più chi meno, aggrediscono l’ascoltatore con una furia pur sempre ragionata e mai fuori posto, che sfrutta break melodici per collegare i vari intervalli rabbiosi e feroci. C’è infine spazio, per chi volesse la bonus edition, della cover di “The Majesty of the Night Sky” degli Emperor. I Nostri non hanno mai fatto mistero di essere fan dei norvegesi, e sono riusciti con questo brano a fare loro onore, con una reinterpretazione fiera, nella quale l’originale non viene snaturato ma anzi migliorato da suoni ovviamente più accurati rispetto alla versione originale e bagnati dalle atmosfere e dal modus operandi tipico degli inglesi.
Come detto in apertura The Imperious Horizon farà la felicità dei fan dei Winterfylleth, e anche se forse potrebbe non conquistare nuovi adepti è di certo sotto gli occhi di tutti come gli albionici si siano confermati come una vera e propria potenza in ambito black metal atmosferico, un combo di prim’ordine non soltanto a livello nazionale ma anche mondiale.
(Candlelight Records, Spinefarm Records, 2024)
1. First Light
2. Like Brimming Fire
3. Dishonour Enthroned
4. Upon This Shore
5. The Imperious Horizon
6. In Silent Grace
7. To The Edge of Tyranny
8. Earthern Sorrows
9. The Insurrection