Questo disco è una porta scorrevole su futuri ipotetici, un what if continuo che rimette in discussione verità affermate. Un Tetsuo che penetra il proprio corpo con pedalini e meccaniche invece che con tondini di acciaio. Con le dovute proporzioni, una specie di Philip K. Dick che a pantofole e penna preferisce chitarre e sintetizzatori. Doedsmaghird è già dal nome la reinterpretazione, anche sotto forma di anagramma, di Dødheimsgard e vede a basso, voce, synth e chitarre Mr. Vicxit Baba Maharaja che altri non è che Yusaf Parvez, aka Vicotnik, fondatore e leader della band tornata lo scorso anno con Black Medium Current nonché membro di Ved Buens Ende, Strid e altri, qua accompagnato dal francese Ms. Longue Vie Imminent Doom (a batteria, basso, chitarre e synth). Omniverse Consciousness è un contenitore di sfrenato, violento e schizofrenico black metal lanciato oltre l’avanguardia, imbastardito da notevoli dosi di elettronica dissonante e ignorante.
Per capire in che tipo di frullatore musicale ci ritroviamo con l’ascolto del disco dei Doedsmaghird sarebbe sufficiente l’ascolto dei pezzi che lo delimitano, ossia l’opener “Heart Of Hell” e la conclusiva (ci sarebbe anche l’outro “Requiem Transiens”) “Adrift Into Collapse”. Gli ingredienti di questo intrigante mix sono dei robusti e schietti riff black metal, una batteria umana troppo umana per non essere sintetica con tutti quei freddi e chirurgici trigger, la versatile voce di Vicotnik e misurate iniezioni di elettronica (beat, campioni, dissonanze, elettricità statica). Apriamo una doverosa parentesi: il black metal forse più di altri generi ha avuto la possibilità di imbastardirsi e diventare altro da sé fin dalla metà degli anni Novanta e, per quanto riguarda l’ibridazione con tutto quello che riguardava cavi, loop e tastiere, vengono in mente nomi come Diabolos Rising e MZ.412 tra i tanti. Onestamente va ammesso che non sempre i risultati fossero qualitativamente buoni ma certo la sperimentazione ha permesso poi di far aprire il genere verso nuovi orizzonti. Nel caso di Doedsmaghird si raggiunge forse la summa di questa miscela tra analogico ed elettronico e i due estremi ben si congiungono, grazie alla sapienza dei due musicisti e di certo anche grazie alla loro cultura musicale, tanto che si sentono influenze kraut-rock (e non solo nelle sonorità) come dei campioni che non sarebbero stati male nei primissimi pezzi dei Prodigy o nelle sfrenate ridde EBM degli Hocico. Eppure non c’è niente di eccessivo, non c’è niente di esagerato (se non la violenza e la sana ignoranza di qualche pezzo) e sulla base fieramente black (sì, anche quello dei primordi, tipo primi Mayhem e Burzum) le parti robotiche e cibernetiche vengono inserite in modo preciso e puntuale, tant’è che in alcuni momenti viene da affermare che c’è molto più “true” black metal qua che in tante uscite che di innovativo e avanguardistico hanno molto poco e che anzi fanno della propria fedeltà alla linea un dogma. “Endless Distance” è, insieme alle altre due canzoni citate poc’anzi, il manifesto di questo bel mischiare influenze e generi, con l’arpeggiatore che fa da bordone al riff portante che avrebbe tranquillamente potuto trovare spazio in un disco dei Satyricon, fughe che ricordano l’avantgarde degli Arcturus o degli Ulver subito dopo la loro Trilogie, lo stacco con beat quasi dance subito prima della metà fino al violentissimo breakdown che ci accompagna verso la fine del pezzo. Va notato che, nonostante la recensione abbia menzionato il termine avantgarde un paio di volte, qua siamo distanti dal genere della casa madre DHG, l’approccio è ben più semplice e diretto e si riesce comunque e anzi a portare a casa un ottimo risultato.
Verrebbe da dire che se non sono folli non li vogliamo. Ecco, la carriera di Vicotnik è esemplare per questa affermazione e c’è da essere ben lieti se dopo trent’anni e passa di onorata carriera ancora riesce a scrivere, suonare e produrre della musica così bella, originale ed entusiasmante. Certo, la follia di Omniverse Consciousness è controllata, un affilatissimo bisturi in grado di sezionare i nostri timpani ma con buona disposizione offriamo la nostra attenzione e appunto le nostre orecchie a un progetto di tale elevata qualità, lasciandoci travolgere da questo vortice cyberpunk che filtra, rimodula ed evolve (che forse è la parola chiave di disco e recensione) più di tre decenni di storia di un genere che non riesce a perdere la sua carica rivoluzionaria ed esplosiva.
(Peaceville Records, 2024)
1. Heart Of Hell
2. Sparker Inn Apne Dorer
3. Then, to Darkness Return
4. Endless Distance
5. Endeavour
6. Death Of Time
7. Min Tid Er Omme
8. Adrift Into Collapse
9. Requiem Transiens