Tra tutte le vicissitudini “biografiche” che possono segnare indelebilmente la storia di un moniker, il cambio di vocalist è senza dubbio un passaggio ad alto tasso di rischio, modificando inevitabilmente uno dei connotati che contribuisce in maggior misura a definire la carta d’identità pentagrammatica di una band. Al di là della qualità delle nuove ugole pronte all’arduo cimento, infatti, le schiere dei devoti della prima ora non mancheranno quasi mai di dividersi tra i laudatores temporis acti a prescindere e i sostenitori di un approccio più laico, disposti a concedere almeno una chance con lo sguardo rivolto alle potenzialità future piuttosto che ai fasti passati. Nella storia del rock ci sono legioni di gruppi che sono passati sotto siffatte forche caudine e forse il migliore augurio per chiunque affronti un passaggio così epocale è di ripercorrere la rotta maideniana, con la diarchia Di’Anno/Dickinson a regnare sovrana nelle rispettive epoche di militanza in line-up.
Tra i classici casi di scuola possiamo senz’altro annoverare i portoghesi Sinistro, da oltre un decennio protagonisti della scena doom lusitana e con una buona proiezione internazionale figlia di prove arricchite da sempre ben dispensati contributi in arrivo dai quadranti sludge e post-metal. Dopo l’omonimo debut strumentale del 2012 (peraltro stranamente e immeritatamente sottovalutato a dispetto di una scrittura già matura e di un’ispirazione mai in discussione, provare la conclusiva, magnifica “A Ira” per credere…) il moniker di Lisbona ha indissolubilmente legato il proprio nome prima alla collaborazione (con l’ottimo EP Cidade) e poi all’ingresso in squadra in pianta organica della cantante Patricia Andrade. Dotata di un timbro vocale caldo e avvolgente in cui rivivono i fasti del fado ma non meno convincente quando si è trattato di affrontare traiettorie molto più eccentriche al limite dell’avantgarde, lady Andrade si è collocata più che autorevolmente in quel piccolo ma preziosissimo spicchio di cielo doom declinato al femminile con riflessi esoterico/misterici, avvicinando nomi prestigiosi del calibro di Rebecca Vernon, Jessica Thoth e, in parte, Sera Timms. La doppietta Semente/Sangue Cássia ha certificato con dovizia di particolari la meritata ascesa della band tra le eccellenze dell’intera scena, ma più di qualche nube si è addensata all’orizzonte innanzitutto per il prolungato silenzio a partire dal 2018 e, soprattutto, alla notizia del cambio di vocalist, con Priscila Da Costa nei panni di nuova frontwoman. Per chi, come il sottoscritto, ha sempre pensato che la simbiosi Sinistro-Andrade fosse ormai consolidata e imperitura, pena la messa a rischio dell’intero progetto, l’iscrizione al partito degli scettici è stata pressoché automatica e immediata, ma, fortunatamente, i fatti riescono ancora a smentire le previsioni e i pregiudizi ed ecco che, con questo Vértice, i Nostri riprendono il cammino dimostrando di avere abbondanti scorte di carburante creativo e non meno significative dosi di qualità da offrire. Il grande merito dei portoghesi è di non aver puntato su una banale “sostituzione”, ma di essere riusciti a riprendere in mano il filo conduttore del passato, modificando in parte gli assi portanti della proposta senza stravolgere però l’impianto complessivo. Basta anche un ascolto superficiale, infatti, per rendersi conto che le doti vocali di Priscila Da Costa si orientano soprattutto verso una declinazione più classica del doom, in cui le sue qualità di “interprete pura” trovano modo di svelarsi progressivamente, conquistando e convincendo solco dopo solco. A creare un trait d’union con i lavori precedenti rimane comunque in sottofondo una vena malinconica e a tratti eterea che tiene ampiamente sotto controllo potenza e ritmi cadenzati, ma, dove prima si potevano cogliere echi Jex Thoth o SubRosa, ora tocca forse agli Avatarium di Jennie-Ann Smith meritarsi la palma di pietra di paragone più immediato… ed è tutt’altro che una cattiva notizia. Qualche tocco di inquietudine con vista su appena accennate prospettive psichedeliche, qualche passaggio intriso di una solennità discreta e mai ostentata e qualche richiamo post- contribuiscono a imbandire una tavola decisamente ricca e pronta a soddisfare diversi palati, con la sola condizione di abbandonarsi a un flusso narrativo che gioca le sue carte migliori non rinunciando mai a raffinatezza ed eleganza, come tratti stilistici distintivi. Sei tracce dal minutaggio sostenuto per un ascolto complessivo di poco superiore ai cinquanta minuti, Vértice si apre paradossalmente con l’episodio meno convincente della compagnia, “Amargura”, che fatica a decollare indugiando su una linea melodica un po’ troppo dolciastra su cui gli inserti cadenzati faticano a germogliare, ma già i primi secondi di “Elegia” spazzano via ogni dubbio, anticipando tutte le potenzialità di un brano dalle infinite sfumature, all’occorrenza travolgente o trasognato e chiuso da un finale corale semplicemente da applausi. Intrapreso il cammino con il giusto passo, i Sinistro non sbagliano più un colpo, a cominciare dalle accattivanti movenze blues di “Pontas Soltas”, che disegnano traiettorie ipnotiche e notturne dove le sei corde di Ricardo Matias e Rick Chain ricamano arabeschi struggenti e il cantato in lingua madre trova modo di esaltarsi. Il ritmo riprende improvvisamente quota con la successiva “O Equivocado”, impreziosita da un tappeto di tastiere che azzarda un vago retrogusto lovecraftiano mentre la voce della Da Costa spazia senza soluzione di continuità dall’incanto estatico al recitato teatralizzante, mentre tocca a “Perfeita Encenação” riportare la barra verso lidi immateriali e quasi diafani, per l’episodio contemporaneamente più poetico e tormentato del lotto. Ed è ancora un afflato poetico figlio di chiaroscuri e penombre ad aprire il saluto ai naviganti, “Templo Das Lágrimas”, che però rivela presto una natura multiforme in grado di attingere a una molteplicità di registri e di erigere strutture articolate in cui l’imponenza della materia doom finisce per sgretolarsi prima di essere soffiata via da un incorporeo finale in dissolvenza.
Maree che si alzano e onde che si ritirano mettendo in scena lo spettacolo di un respiro che genera armonia e sintonia, eleganti increspature malinconiche che avvolgono morbidamente più che bussare alla porta del turbamento, Vértice è il grande ritorno, sulla carta tutt’altro che scontato, di una band capace di affrontare il delicatissimo passaggio del cambio di vocalist senza naufragare o anche solo riportare danni alla linea di galleggiamento. Il secondo decennio di carriera dei Sinistro parte sotto i migliori auspici, bentornati!
(Alma Mater Records, 2024)
1. Amargura
2. Elegia
3. Pontas Soltas
4. O Equivocado
5. Perfeita Encenação
6. Templo Das Lágrimas