La gestazione della presente recensione non è stata semplice. Anzi, a dire la verità è stata molto complicata. Da quando è passato in redazione, ho ascoltato decine di volte l’ultima fatica targata Othismos, Sottrazione, senza mai trovare la chiave di volta per produrre una recensione che catturasse davvero l’essenza del disco e andasse un po’ oltre il mero racconto delle tracce o si fermasse ad un’analisi superficiale. In sintesi, non riuscivo a mettere per iscritto le sensazioni che Sottrazione mi ha lasciato. Sensazioni che, ben inteso, sono cambiate nel tempo, sono state conflittuali e forse oggetto di un dibattito interiore inconscio. Poi, finalmente, l’illuminazione: raccontare il disco per immagini, partendo dalle prime fotografie istintive che sono affiorate dall’ascolto delle otto tracce che compongono l’affresco sonoro della band toscana.
Vetri rotti. La prima immagina è questa, vetri in frantumi. Schegge di piccole, medie e grandi dimensioni, impossibili da toccare senza correre il rischio di tagliarsi. Sottrazione è questo, un insieme di spigoli, di lame, su cui si cammina a piedi nudi. E no, non è un dolore terapeutico o, come va di moda dire, necessario. È solo dolore nella sua forma più pura. Tutto di questo album è tagliente e carico di dolore: lo è la componente strumentale, metallica, distorta, che abbraccia il punk hardcore ottanta/novantiano, il post-hardcore, il grind, il crust, le venature sludge e noise; lo sono le linee vocali, acide, sporchissime che, per dare qualche indicazione, richiamano lo scream abrasivo di V.I.T.R.I.OL. in talune opere degli Anaal Nathrakh.
Grigio. Il grigio è per chi scrive il vero colore della disperazione. Non il nero, che nella sua accezione più nobile è visto come la somma di tutti i colori, ma la tristezza del grigio, che sembra fornire la vana speranza che un raggio di sole possa passare nel dolore in cui siamo immersi, è la vera essenza della tristezza. La verità è che Sottrazione è un disco tristissimo, che ti trascina negli angoli bui della mente, dove tutto è sconforto, e ti lascia lì. Non ti vuole dire che le cose possono migliorare, perché non crede che sia possibile. Affoghi nel tuo sconforto, mangiato dagli insuccessi e dai fallimenti, in un freddo senza fine. Pur avendo in larga parte abbandonato la componente black che caratterizzava i precedenti lavori della band, l’essenza del black stesso non solo è rimasta, ma è sempre più pronunciata. Il black è uno stato d’animo, e Sottrazione ne è pieno, ben più di decine album di band dedite al genere.
Sangue. Sangue in una sua triplice accezione. Da una parte il sangue come componente interiore, simbolo del dolore fisico. Da un’altra angolatura il sangue liquido viscoso che sporca, attacca ai tessuti e alla carne, crostifica lasciando lacerazioni, segni indelebili del male subito. Infine, sangue per la sua componente olfattiva e di gusto ferroso, derivante dall’alto contenuto del materiale nelle molecole di emoglobina. Ogni accezione del sangue qui riportata ha un riscontro tangibile in Sottrazione, che è un disco che mette a nudo ogni debolezza interiore e la enfatizza, tappando i buchi da cui filtrano aria e luce. Un album che si attacca alla pelle come un’ustione, un marchio di vergogna, un qualcosa di permanente, che si nutre di carne e facendolo sbrana anche la mente. Infine, un album dal sapore ferroso, indigesto, come l’ultimo pasto prima della sedia elettrica.
Ci sarebbero tante altre immagini da associare al disco, nessuna delle quali lontanamente positiva. Non esiste luce in Sottrazione, solo un infinito e straziante grido di dolore. Non c’è neanche la richiesta di aiuto, c’è solo disfatta e arrendevolezza. Un disco che vive di immagini, sensazioni, che scava nella psiche e, una volta trovati i punti più bui, si annida lì e cresce come un tumore, metastatizzando in soli 26 minuti di durata. Un album negativo, crudo, faticoso da affrontare e tutt’altro che immediato da raccontare, che lascia inquietudine e legge nei drammi personali di ognuno di noi. Per gli amanti di un certo tipo di riflessioni, di abbandono alla negatività più estrema, un must.
(Autoproduzione, 2024)
1. I Will Fade Away
2. Cops Are not People
3. Burn the Flags
4. The Mirror
5. Pars destruens
6. They Declared War on Us
7. The Shape of Pain to Come
8. Death Forever