Essere una band che debutta nel 2025 con un disco di post-metal significa trovarsi immediatamente a che fare con una pletora ormai pressoché infinita di epigoni di certi numi tutelari che se ne stanno lassù, nell’olimpo di questo particolare genere. Significa non tanto saper dire qualcosa di diverso rispetto alla massa (ormai è impossibile), quanto semmai essere in grado di arrivare subito al cuore dell’ascoltatore, di emozionare. Perché l’emozione alla fine è alla base del post-rock e del post-metal, e se non si è in grado di conquistare è meglio lasciar perdere.
Gli scozzesi Beneath a Steel Sky conoscono bene la materia musicale che vanno a plasmare nelle sette tracce che compongono il loro debutto Cleave, hanno in mente i loro riferimenti ma, seppur rievocandoli qui e là, riescono nella piccola impresa di dire qualcosina di intenso, che alla fine ti fa riascoltare il loro lavoro più e più volte. La frangia di post-metal alla quale si ispirano è quella più crepuscolare, liquida ed atmosferica, più derivante forse dal post-rock, e che fa capo a We Lost the Sea (periodo The Quietest Place On Earth), Red Sparowes, We Made God, Hanging Garden, Rosetta, Isis e in parte Ghost Brigade: se avete bene in mente questi gruppi e ne amate le sonorità troverete pane per i vostri denti con Cleave. In questa opera i Nostri imbastiscono crescendo malinconici e freddi, tipici della tradizione nord-europea, spesso supportati da un bellissimo e caldo cantato in clean: di contro quando le strutture si irrobustiscono ed entra in gioco la variante più “metal” gli animi e i cuori si riscaldano con un piglio impetuoso e romantico tipico degli Isis, dei Red Sparowes o dei We Lost the Sea. In generale il mood è malinconico, notturno, inquieto ma non disperato: emerge una flebile luce di speranza, che in certi momenti grazie alle trame intense intessute dagli scozzesi regala anche qualche brivido di emozione all’ascoltatore, e scusate se è poco. È il caso questo per esempio della traccia finale “The becoming”, dell’apertura “The sky above the port was the colour of television, tuned to a dead channel” o di “Vanguard”, ma l’aver citato questi tre brani non deve servire a sminuire i restanti quattro, che sono assolutamente sullo stesso livello.
In generale Cleave è un disco solido, profondo, delicato e arcigno al tempo stesso, un lavoro fatto con il cuore, un’opera che parla all’animo più profondo dell’ascoltatore e che non presenta punti deboli, viaggiando per tutta la sua durata su ritmi ora dilatati e liquidi, ora più robusti e martellanti, senza mai abbassare l’asticella della tensione e dell’emotività. È dunque un album che non deve passare inosservato, e che si merita la vostra attenzione soprattutto se siete fan delle band più volte citate in questo scritto.
(Ripcord Records, 2025)
1. The sky above the port was the colour of television, tuned to a dead channel
2. Vanguard
3. Everyone you’ve ever known
4. Quetzalcoatlus
5. The infinite silence that follows the absolute truth
6. Cyclical dunt
7. The becoming