Putan Club @Sala Nera, Corte dei Miracoli. Siena 01.03.2025
A distanza di due settimane dal concerto di Dalila Kayos torniamo a Siena. Stasera nella Sala Nera di Corte dei Miracoli è prevista l’unica tappa toscana del tour che supporta, e promuove, la release del nuovo album del Putan Club. “Filles d’Octobre” esce ufficialmente dopodomani, terzo giorno del terzo mese dell’anno. Ma è già qualche settimana che il disco è in bella mostra sul banchetto del merchandising che Gianna e François allestiscono pazientemente ogni sera in cui portano in giro il proprio spettacolo. E che dopo questa settimana tutta italiana, li vedrà raggiungere Francia, Inghilterra, Belgio, Svizzera, Austria, Germania e Olanda. Prima di virare ad est, in Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia, Kosovo, Macedonia e infine Grecia.
Questa è una serata speciale. Sono arrivate le copie in CD digisleeve, e da stasera accompagneranno quelle in formato 2×12” gatefold LP per tutto il resto del tour. L’offensiva del duo franco-salentino raddoppia il proprio assalto proprio qui nella terra dei Ghibellini, che noi, Guelfi del Granducato visitiamo sempre con piacere. Ne daremo via pochissime copie a fine serata, quando, con nostra grande sorpresa assisteremo a una ressa (quasi esclusivamente al femminile) per accaparrarsi poster, magliette e tote bag (esattamente in quest ordine). Ci sarà comunque tempo per darle via. Del resto, volendo essere fiscali, siamo a sabato sera e il disco esce lunedì…
Ok, inutile girarci intorno, sapete tutti (e chi non lo sapeva lo scopre adesso) che il disco del Putan Club esce per Toten Schwan, e che, quindi, potrei avere un conflitto di interessi nel momento in cui vengo a raccontarvi questa serata. Ma sapete, allo stesso modo, voi che avete visto almeno una volta un loro concerto, che non vi racconto nulla di nuovo, e che, ogni mia parola corrisponde alla realtà delle cose. Una serata in loro compagnia vi cambia l’approccio alla musica. Dopo, nulla potrà essere più come prima. Parole forti? Solo per chi non li ha mai incontrati. Assistete ad una loro performance, e poi mi darete ragione. Non tacciatemi di presunzione prima di averli messi alla prova.
La serata è a tema, e verte intorno al motivo carnevalesco, come si evince in modo piuttosto netto dal volantino, affisso sui muri della Corte già diverse settimane prima. Non sono infatti pochi quelli che, a ridosso dell’inizio del concerto, si presentano in maschera, rispettando in pieno il dress code indicato. Molti di loro non hanno idea di cosa stia per accadere, e infatti, restano interdetti non appena partono le note di apertura di “État du capitalisme français”, brano che apre sia la serata che l’album.
Chi, come me, li conosce, e li segue da anni, resta defilato nelle retrovie, lasciando il noviziato in prima linea. Manovra che consente di godere sia dell’assalto sonoro del duo, che delle reazioni di chi non si sarebbe mai aspettato di trovarsi al centro della scena. Perché il bello del Putan Club è proprio il fatto di non riuscire a capire se sia la band a suonare in mezzo al pubblico, o se al contrario sia il pubblico che si è infilato in mezzo al Putan Club, in una rilettura realmente anarchica della serata. Vengono infatti a mancare quei punti di riferimento, come la suddivisione e la distanza tra palco e pubblico, che rappresentano la comfort zone di chi va ad assistere a un concerto. Concetto, quest ultimo, che viene completamente ribaltato, annientato e riscritto. Ne scaturisce un insieme di sensazioni stranianti, come disorientamento, smarrimento e sbandamento, che però lasciano quasi subito il passo ad una voglia irrefrenabile di scatenare il proprio istinto in un’esperienza multi-sensoriale unica, ma non per questo non ripetibile. I brani si susseguono praticamente senza sosta, e la temperatura della Sala Nera si scalda vorticosamente, e, se, in alcuni momenti abbiamo temuto che potesse degenerare, visto il tasso alcolico a livelli ampiamente oltre quelli di guardia, alla fine – per fortuna – tutto resta nei binari di una sana voglia di divertirsi e nulla di più.
Non è semplice descrivere un rituale come quello di Putan Club a chi non vi ha mai assistito. È un qualcosa di conturbante, che sposa un incedere martellante e sconvolgente, in cui l’interazione tra la band, e chi assiste alla performance, diventa totale, e straniante. Un rituale affascinante che, se, almeno inizialmente può sembrare traumatizzante, a lungo andare si rivela come l’unica soluzione possibile, fino ad apparire rassicurante, e tranquillizzante, al punto che viene voglia di ricominciare tutto da capo. Da un punto di vista strettamente musicale, il Putan Club prosegue nella sua opera di distruzione degli stereotipi sonori, in ogni loro forma. A tratti sembra di essere stati catapultati in un dance floor isterico, in cui i silenzi fanno un rumore assordante, mentre nell’aria si libera l’energia dei rituali adorcistici, che scatenano una tempesta di industrial, techno, ritualistica, etnica, tribale, e noise, il tutto in un muro di dissonanze che annichilisce.
Guardare al Putan Club in sede live significa guardare a una nuova prospettiva che ci porta a prendere le distanze da tutto ciò che caratterizza il nostro quotidiano. È l’occasione per spazzare via tutta quella decadenza morale che fa rima con egoismo, ignoranza e conformismo. La loro non è provocazione fine a se stessa, ma piuttosto il tentativo (peraltro riuscitissimo, dato che chiunque ho conosciuto non si è mai limitato ad un solo incontro, ma ha sentito la necessità di tornare a incrociare la propria strada con la loro) di ostentare fieramente un modello difforme rispetto ai dettami imposti. Una rivolta a tutti gli effetti, una ribellione, un atto sovversivo a cui non ci si può più sottrarre.
In un ambito underground, e quindi già di per sé isolazionistico, il Putan Club ha scelto di andare a sondare quelle che sono le periferie che stanno ai confini del conosciuto, ai margini dell’immaginabile, del pensabile e del tangibile, in modo da accendere il fuoco della rivolta con il fuoco della scoperta, della conoscenza, della presa di posizione scomoda, anticapitalistica, antigovernativa. E un album come “Filles d’Octobre” che rappresenta perfettamente la loro scelta di vita, non può che diventare la colonna sonora di quella rivolta sociale e culturale a cui tutti diciamo di ambire, ma a cui poi, contribuiamo in modo risibile. Siamo nel pieno di un fine vita irreversibile, ma forse, possiamo ancora provare a invertire la rotta. E, se, eutanasia dovrà essere, speriamo almeno che sia accompagnata dal suono del Putan Club.
Tracklist
État du capitalisme français
Sens la mort
Lavo
Arrah Arrah
Galoo Sahara Laleet El Aeed
Jadransko More
Kancer
Filles de Mai
Boğaziçi
Meydüse
[ foto di José Manuel Rojas ]